Carlos Ruiz Zafón
Ci sono frasi che non si leggono soltanto, si assorbono. Si depositano da qualche parte nel profondo e lì restano, pronte a riemergere nei momenti giusti, come chiavi per aprire porte interiori. Questa citazione di Zafón è una di quelle. La prima volta che l’ho letta ho sentito qualcosa muoversi dentro di me, come se lo scrittore stesse parlando non solo del libro in sé, ma anche della mia vita da lettore.
Zafón ci ricorda che un libro non è un semplice oggetto. Non
è solo carta, inchiostro, rilegatura. È un’anima, una presenza viva che esiste
in una dimensione tutta sua. Dietro ogni libro c’è chi lo ha scritto, certo, ma
non solo: c’è chi lo ha letto, chi ci si è specchiato dentro, chi ha pianto,
chi ha sognato, chi ha trovato risposte o ha imparato a convivere con le
proprie domande.
Un libro è memoria condivisa, è eco di emozioni, è traccia
di un passaggio umano.
Quando teniamo in mano un volume, non stiamo sfogliando solo
una storia. Stiamo entrando in contatto con l’universo interiore di chi ha
trovato parole per l’indicibile, di chi ha costruito mondi con la fragile
materia dei sogni. Ma, come dice Zafón, l’anima di un libro non si ferma
all’autore. Ogni lettore vi aggiunge qualcosa. Come una candela che accende
un’altra senza spegnersi, ogni lettura è un gesto di trasmissione: di senso, di
calore, di vita.
Quante volte, leggendo, ci siamo sentiti profondamente
capiti da una pagina? Come se quello scrittore, pur vivendo in un’altra epoca o
parlando un’altra lingua, ci avesse osservati dal buio, trovando le parole che
noi stessi non riuscivamo a dire. In quel momento, qualcosa si compie: una
comunione invisibile tra chi scrive e chi legge. È questo che fa dei libri
luoghi sacri.
Zafón ambienta L’ombra del vento in una Barcellona
crepuscolare, misteriosa, in cui i libri sembrano avere un potere quasi magico.
E in effetti è così. Ogni libro è un talismano. Ci protegge dall’oblio, ci
accompagna nei momenti di smarrimento, ci aiuta a dare forma a ciò che ci
abita. È, in fondo, un modo per prolungare la vita. Di chi lo scrive, di chi lo
legge, di chi lo conserva e lo tramanda.
Pensiamo alla nostra libreria. Quella vera, o quella del
cuore. Ogni libro che vi riposa ha lasciato un’impronta in noi. Alcuni sono
ferite, altri carezze, altri ancora mappe che ci hanno condotti dove non
sapevamo di voler andare. Ma tutti, in modo diverso, ci hanno trasformati.
Perché ogni libro letto è un incontro, e ogni incontro lascia un segno.
Leggere, allora, è molto più che un passatempo: è un atto
d’amore. È il desiderio di ascoltare un’altra voce, di farle spazio, di
lasciarla entrare nella nostra vita. È la volontà di condividere l’esperienza
umana, con tutte le sue contraddizioni e meraviglie. E ogni volta che lo
facciamo, ogni volta che apriamo un libro, stiamo entrando in una relazione:
con l’autore, con gli altri lettori, con noi stessi.
Zafón ha scritto una storia di misteri, di ombre e di
passione per i libri. Ma questa frase, da sola, è già un piccolo romanzo. Un
inno alla lettura, alla scrittura, e a quell’immensa, invisibile comunità che
ci unisce ogni volta che un occhio incontra una parola, ogni volta che un cuore
si riconosce in una pagina.
Ecco perché continuiamo a leggere. Perché non siamo mai
davvero soli quando abbiamo un libro con noi. Perché sappiamo che, tra quelle
righe, ci aspetta un’anima che vuole incontrare la nostra.
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