E quando apparirai sul confine rosso dell'orizzonte beneamata agognata immagine non sciogliere i tuoi contorni nei colori dei tramonti.

giovedì 26 settembre 2024

Il segreto del Bibliotecario. Parte I


"Il male non era stato sconfitto. Era solo all'inizio di una nuova era di terrore."

 

I

Anno Domini 1347. In un monastero arroccato tra le montagne della Toscana, il tempo sembrava scorrere immutabile, scandito dal suono delle campane e dai canti gregoriani che riempivano la chiesa di pietra. Fra questi corridoi silenziosi, dove la polvere si mescolava all'odore dei manoscritti antichi, viveva Fra Matteo, il bibliotecario. Schivo, di poche parole, egli trascorreva le giornate tra gli scaffali della vasta biblioteca, uno dei tesori più preziosi del monastero.

Fra Matteo aveva occhi acuti e mani agili, ideali per maneggiare con cura i testi preziosi. Si diceva che sapesse leggere e scrivere in greco, latino, ebraico e perfino in arabo. Questo lo rendeva indispensabile, poiché molti dei manoscritti che custodiva erano copie uniche, raccolte dai monaci che nei secoli avevano viaggiato fino agli angoli più remoti del mondo conosciuto.

Ma ciò che nessuno sapeva era che Fra Matteo custodiva anche un segreto. Nel cuore della biblioteca, dietro una libreria che si apriva come una porta, vi era una stanza nascosta, di cui egli solo conosceva l’esistenza. Lì, tra pergamene e codici antichi, giaceva un manoscritto proibito, che raccontava di una setta eretica distrutta secoli prima dall'Inquisizione. Si diceva che chiunque avesse letto quelle pagine sarebbe stato dannato per sempre.

La quiete del monastero fu interrotta una notte fredda di novembre, quando un giovane novizio di nome Pietro si avvicinò di soppiatto alla biblioteca. Da settimane, notava strani comportamenti in Fra Matteo: notti insonni, occhi affaticati e mani che tremavano mentre sfogliava vecchi tomi. Una curiosità insana lo spinse a seguire il bibliotecario, e quella notte lo vide entrare nella stanza segreta.

Sconvolto, Pietro decise di affrontarlo il giorno seguente, ma quando cercò Fra Matteo per interrogarlo, il bibliotecario sembrava svanito nel nulla. La biblioteca era stranamente silenziosa, e persino l’aria sembrava più pesante. Preoccupato, Pietro chiamò l'abate, il quale ordinò ai monaci di perquisire il monastero.

Dopo ore di ricerca, trovarono il corpo di Fra Matteo riverso nella stanza segreta, con in mano il manoscritto maledetto. Il suo volto era contorto in un’espressione di terrore, come se avesse visto qualcosa di indicibile prima di morire. Nessuno osava toccare il libro.

L'abate ordinò che la stanza fosse sigillata e che nessuno vi mettesse mai più piede, ma Pietro non riusciva a togliersi dalla mente ciò che aveva visto. Decise, contro ogni consiglio, di indagare da solo. Durante la notte, tornò di nascosto nella biblioteca. Con il cuore in gola, riaprì la stanza segreta e si avvicinò al manoscritto.

Appena iniziò a leggere, sentì una presenza nella stanza. Le candele vacillarono, e l'ombra di Fra Matteo si materializzò davanti a lui. "Fermati," sussurrò l'ombra con voce cavernosa. "Non sai cosa stai facendo." Ma Pietro, ormai troppo avanti, non poteva fermarsi. Continuò a leggere, e con ogni parola che assorbiva, sentiva crescere dentro di sé una strana oscurità.

Il mattino seguente, il corpo senza vita di Pietro fu trovato nella stessa posizione di Fra Matteo, con il manoscritto tra le mani. L'abate, terrorizzato, capì che l’antico segreto doveva essere distrutto. Organizzò un falò, e il manoscritto venne ridotto in cenere davanti agli occhi dei monaci.

Ma il male non si estinse con quelle fiamme. Nel cuore della notte, si udivano ancora strani sussurri provenire dalla biblioteca, e qualcuno giurava di aver visto l’ombra di Fra Matteo vagare tra gli scaffali, in cerca di ciò che aveva perduto.

Il segreto del bibliotecario, e del manoscritto maledetto, continuò a vivere, sepolto nel silenzio del monastero.

 

II

I monaci, spaventati dagli eventi, divennero più rigidi nelle loro abitudini. Nessuno osava più avvicinarsi alla biblioteca durante la notte, e persino di giorno la stanza sembrava più fredda, come se una presenza invisibile vegliasse costantemente su di essa. L’abate, un uomo devoto e temuto per la sua fermezza, ordinò che nessuno parlasse più degli strani avvenimenti, nel timore che il monastero diventasse oggetto di curiosità o, peggio, di interventi da parte dell’Inquisizione.

Tuttavia, il silenzio non poteva nascondere ciò che stava accadendo. I novizi iniziavano a sognare di Fra Matteo e del manoscritto maledetto, nonostante nessuno sapesse esattamente cosa fosse accaduto. I sogni, inizialmente confusi, divennero più nitidi e spaventosi. Ogni notte, vedevano il bibliotecario nel buio della biblioteca, mentre leggeva parole proibite che bruciavano come fuoco negli occhi di chi osava guardarle. Alcuni di loro iniziarono a impazzire, urlando in preda al terrore nel mezzo della notte.

Fu a quel punto che l’abate comprese che le fiamme non avevano distrutto il male. Forse il libro era stato solo un recipiente per qualcosa di molto più antico e potente. Una maledizione o, peggio, un’entità malvagia che il manoscritto conteneva e che ora si era liberata. Il monastero era diventato una prigione per quell’oscura presenza.

In preda alla disperazione, l’abate decise di consultare una figura che mai avrebbe voluto far entrare in quel luogo sacro: un inquisitore. Mandò una missiva in segreto, sperando che il suo atto non portasse il monastero alla rovina, ma non vedeva altra scelta. La paura cresceva ogni giorno di più.

Una settimana dopo, giunse Fra Tommaso, un inquisitore noto per la sua spietatezza e per la sua conoscenza dei segreti eretici e occulti. Vestito di nero, con occhi gelidi e una presenza che faceva rabbrividire anche i più coraggiosi tra i monaci, iniziò subito a interrogare tutti. Con il passare dei giorni, Fra Tommaso capì che non si trattava solo di un manoscritto, ma di qualcosa di ben più pericoloso.

Fra Tommaso scoprì un altro dettaglio sconvolgente: il manoscritto non era stato scritto da una setta eretica, come si credeva, ma dai fondatori stessi del monastero. Il segreto nascosto tra le sue pagine era legato a un’antica alleanza tra i primi monaci e forze oscure. Essi avevano sigillato un’entità malvagia in quel libro, proteggendo il monastero per secoli.

L’inquisitore scoprì che l'entità aveva ora trovato un modo per liberarsi attraverso i sogni dei novizi e lo spirito di Fra Matteo. L’anima del bibliotecario era stata corrotta, divenendo una marionetta dell’entità. Il libro, distrutto nel falò, non era altro che un tramite. Senza di esso, l’entità si era ora legata al monastero stesso, e nessun fuoco avrebbe potuto cancellare la sua presenza.

Una notte, dopo lunghe preghiere e riti purificatori, Fra Tommaso decise di affrontare l’entità direttamente. Si chiuse nella biblioteca, circondato da candele accese e canti latini. Il freddo nella stanza si fece opprimente, le ombre si allungarono e i sussurri riempirono l’aria. L’inquisitore, impassibile, sollevò una croce d’argento e iniziò a recitare antiche formule esorcistiche.

All'improvviso, una figura si materializzò tra gli scaffali: l’ombra di Fra Matteo, i suoi occhi vuoti, ora finestre su un abisso di tenebra. "Hai sfidato poteri che non comprendi," disse la voce gutturale del bibliotecario, ormai privo di volontà propria.

Fra Tommaso non si lasciò intimidire. Continuò a recitare, ma l’entità sembrava guadagnare forza. I libri volarono dagli scaffali, le candele si spensero una a una, e un vento freddo riempì la biblioteca. La stanza vibrava sotto il potere dell’essere antico.

Proprio quando tutto sembrava perduto, una luce improvvisa riempì la biblioteca. L’abate, che aveva segretamente seguito l’inquisitore, era entrato con una reliquia del monastero: un frammento della Vera Croce, nascosto per secoli tra i tesori del monastero. L’entità, al contatto di quella sacra reliquia, emise un urlo disumano e si dissolse in un vortice di ombre e fuoco nero.

Il monastero tremò, ma alla fine tornò il silenzio. L’oscurità si dissolse e la biblioteca, finalmente, fu liberata dalla sua maledizione. Fra Tommaso guardò l’abate, annuendo in segno di rispetto.

Da quel giorno, nessuno parlò più di quanto era accaduto. La stanza segreta venne murata definitivamente, e la biblioteca tornò al suo ruolo di custode della conoscenza. Ma l’eco dei sussurri di Fra Matteo a volte si poteva ancora sentire, flebile, nel silenzio della notte.

Nonostante l’apparente tranquillità, un dubbio inquietante continuava a tormentare l’abate: e se l’entità non fosse stata completamente distrutta? Se un frammento di essa fosse ancora nascosto, in attesa di un nuovo lettore curioso?

 

III

Il monastero tornò alla sua routine quotidiana, ma l’atmosfera era cambiata. Sebbene la minaccia sembrasse svanita, un’inquietudine sottile continuava a permeare i corridoi. Fra Tommaso, convinto che l’entità fosse stata neutralizzata, lasciò il monastero, portando con sé il segreto di ciò che aveva affrontato. L’abate, tuttavia, non era altrettanto certo.

Passarono mesi, durante i quali la vita monastica sembrava tornare alla normalità. Tuttavia, una notte d'inverno, quando il vento sibilava tra le mura e il gelo penetrava anche i cuori più saldi, accadde qualcosa di inquietante. Un giovane novizio, Fra Luca, si alzò di colpo dal suo letto, spinto da una forza che non poteva comprendere né resistere. Con passi silenziosi, si diresse verso la biblioteca.

L’abate, svegliato da un brutto sogno, sentì un impulso inspiegabile a controllare la biblioteca. Scese dai suoi alloggi in punta di piedi, il rosario stretto tra le mani, guidato da un presentimento oscuro. Quando arrivò davanti alla porta della biblioteca, trovò aperta la stanza che aveva ordinato di sigillare.

All'interno, alla luce di una sola candela tremolante, vide Fra Luca inginocchiato davanti al muro dove si trovava la stanza segreta. Le mani del giovane erano tese verso le pietre, le dita graffiavano disperatamente la muratura, come se volesse entrare a tutti i costi.

“Fra Luca!” urlò l’abate, la sua voce spezzata dalla paura e dallo sgomento.

Il novizio si girò lentamente, ma il volto che l’abate vide non era più quello del giovane monaco che conosceva. Gli occhi di Fra Luca erano completamente neri, privi di vita, come due pozzi di oscurità senza fondo. Le labbra si mossero in un sussurro gelido, lo stesso che l’abate aveva sentito quella notte quando Fra Matteo era morto: “Non è mai andato via.”

L’abate si fece il segno della croce, ma il potere sacro sembrava svanito di fronte a quella presenza. Il giovane novizio si alzò in piedi, muovendosi con movimenti innaturali, come una marionetta controllata da fili invisibili. Il buio si espandeva attorno a lui, come un’ombra viva che sembrava divorare la luce della candela.

“Perché hai risvegliato qualcosa che doveva rimanere sepolto?” sibilò Fra Luca, o meglio, la voce che parlava attraverso di lui.

L’abate, tremante, indietreggiò, ma il suo passo fu bloccato dalla porta della biblioteca. Non aveva via di fuga. Sapeva che la croce o la preghiera non avrebbero avuto effetto contro quel male, un male antico e potente, risvegliato dalla curiosità e dall’errore.

Ma c’era ancora una speranza. La reliquia della Vera Croce, che una volta aveva scacciato l’entità, era stata nascosta di nuovo, sigillata nella cripta sotterranea del monastero. Se solo fosse riuscito a raggiungerla...

Con un ultimo scatto di coraggio, l’abate si lanciò verso la cripta. Fra Luca, o meglio l’entità che lo possedeva, lo seguì lentamente, con un passo che sembrava non appartenere al mondo dei vivi. Le candele si spegnevano man mano che avanzava, lasciando dietro di sé solo ombra e freddo.

L’abate raggiunse la cripta, dove le vecchie pietre trasudavano umidità e l'odore di muffa pervadeva l'aria. Con mani tremanti, aprì il vecchio baule dove la reliquia era custodita. Tirò fuori il piccolo pezzo di legno, avvolto in un panno di seta, sperando che la sacra reliquia avesse ancora il potere di respingere l’oscurità.

Quando l’entità apparve sulla soglia della cripta, il suo sguardo fisso sugli occhi del novizio posseduto, l’abate alzò la reliquia della Vera Croce. Il giovane monaco si fermò, vacillando, ma la voce oscura rise, una risata profonda e cavernosa che fece vibrare le pietre stesse della cripta.

“Pensi davvero che questo possa fermarmi una seconda volta?” disse la voce. “Ho già messo radici qui. Non è più solo un libro. Sono io il libro. Sono in ogni pietra di questo monastero. Non puoi più scacciarmi.”

L’abate, in preda al panico, iniziò a recitare preghiere con disperazione. La luce dalla reliquia si fece più intensa, e per un attimo sembrò che l’entità stesse retrocedendo. Ma all'improvviso, Fra Luca si avvicinò rapidamente, afferrando l’abate per la gola con una forza sovrumana.

“È troppo tardi. Il monastero è mio.”

In quell’istante, tuttavia, qualcosa di inatteso accadde. Il giovane Fra Luca, combattendo contro la possessione, riuscì a riprendere per un istante il controllo del proprio corpo. Con uno sforzo sovrumano, sollevò la mano dell’abate, ancora stretta attorno alla reliquia, e la premette contro il proprio petto.

Un urlo disumano riempì la cripta. L’entità, ferita dal contatto con la reliquia, urlò di rabbia e dolore. Il corpo di Fra Luca tremò violentemente mentre l’oscurità sembrava risucchiata fuori da lui, come fumo che si dissolvesse nell'aria.

Alla fine, Fra Luca crollò al suolo, privo di sensi, e la cripta cadde in un silenzio tombale.

 

IV

L’abate, tremante e privo di forze, si inginocchiò accanto a Fra Luca, il giovane monaco che giaceva immobile sul freddo pavimento di pietra. Nonostante fosse ancora vivo, il suo petto si sollevava e abbassava debolmente, il suo volto era sereno ma vuoto, privo di coscienza. Il male sembrava essersene andato, eppure il prezzo pagato era incommensurabile. Fra Luca non si risvegliava, come se un'ombra avesse rapito la sua anima e l'avesse intrappolata in un limbo impenetrabile.

L’abate, provato dagli eventi, si alzò a fatica. Gli occhi si posarono sulla reliquia della Vera Croce che ancora stringeva tra le mani. Aveva sperato che il potere sacro potesse annientare l'entità oscura una volta per tutte, ma qualcosa non quadrava. Sentiva che, nonostante la vittoria, una parte del male era rimasta, invisibile e silenziosa, nascosta nelle ombre del monastero.

Si voltò verso Fra Tommaso, che si ergeva accanto a lui con il volto rigido e impassibile. "È finita?" chiese l'abate, la sua voce un sussurro spezzato dal timore.

Fra Tommaso, con lo sguardo penetrante, scrutò l'oscurità che avvolgeva la biblioteca. L'aria era calma, troppo calma, e un silenzio opprimente permeava ogni angolo della stanza. "No," rispose l'inquisitore, scuotendo lentamente la testa. "Non è mai così semplice."

L’abate abbassò lo sguardo, il peso della sconfitta schiacciandolo. "Cosa dobbiamo fare?"

"Il male è antico e astuto," rispose Fra Tommaso, avvicinandosi al corpo privo di coscienza di Fra Luca. "Abbiamo sconfitto una parte di esso, ma l’essenza dell’entità si è radicata in questo luogo da secoli. Potrebbe essersi rifugiata in un altro angolo del monastero o forse si è legata a qualcuno di noi."

Quelle parole gettarono un'ombra ancora più cupa sull'animo dell’abate. Il monastero, un tempo rifugio di pace e preghiera, era diventato una trappola oscura. Gli altri monaci non potevano conoscere la verità, il panico avrebbe dilagato come un incendio incontrollabile. Ma la realtà era chiara: non c'era modo di sfuggire a quel male senza affrontarlo fino in fondo.

Nei giorni seguenti, il monastero tornò a una parvenza di normalità. Le preghiere continuarono, i canti riempivano nuovamente le austere stanze di pietra, ma il cuore dei monaci era colmo di paura e sospetto. Fra Luca rimase immobile nel suo letto, e nessuno osava avvicinarsi troppo alla biblioteca, ora avvolta da un’aura di mistero e timore.

Una notte, mentre l'abate rifletteva da solo nella sua cella, una voce familiare risuonò nella sua mente, fredda e sussurrante come il vento d'inverno. Era la voce di Fra Matteo.

"Non è finita. Io sono ancora qui."

Il cuore dell’abate mancò un battito. Si alzò di scatto, il sudore freddo che gli scorreva lungo la schiena. Non poteva essere. Fra Matteo era morto, e il manoscritto era stato distrutto. Ma quella voce, quella voce lo perseguitava come un incubo.

Con mani tremanti, l'abate si avviò verso la biblioteca, senza avvertire nessuno. Sentiva un richiamo, come una forza invisibile che lo spingeva a tornare in quel luogo maledetto. Aprì la porta e si trovò di fronte agli scaffali polverosi e alle candele che ardevano fievolmente. Il silenzio era palpabile, quasi insopportabile.

E poi la vide.

L'ombra di Fra Matteo, indistinta ma presente, si stagliava tra gli scaffali. I suoi occhi erano due pozzi di oscurità infinita. "Hai pensato di potermi fermare," disse l'ombra con un sorriso sinistro. "Ma il male non può essere distrutto così facilmente. Sono legato a questo luogo e ora sono legato a te."

L’abate cadde in ginocchio, paralizzato dalla paura. Aveva compreso troppo tardi che la battaglia non era mai stata contro un libro o contro uno spirito legato a un manoscritto. Il vero male si era insinuato nelle profondità del monastero, si era nutrito dei suoi abitanti per secoli, e ora aveva trovato un nuovo tramite per perpetuarsi: lui stesso.

Con un ultimo sussurro, Fra Matteo si dissolse nell’oscurità, ma l’abate sentì che qualcosa dentro di lui era cambiato. Si alzò lentamente, il volto ora impassibile, gli occhi vuoti come quelli di Fra Matteo. Era il custode di un segreto troppo grande, e il monastero, una volta rifugio di pace, era ora divenuto la sua prigione.

Il male non era stato sconfitto.

Era solo all'inizio di una nuova era di terrore.

 

14 commenti:

  1. Racconto interessante scritto in modo estremamente scorrevole. Manca, secondo me, di una chiusura vera; ma forse l'autore ha voluto proprio questo per scrivere in seguito una seconda parte.

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    1. Grazie mille per il tuo commento! Sono felice che il racconto ti sia piaciuto e che lo stile ti sia sembrato scorrevole. Riguardo alla chiusura, hai colto un punto interessante: l'idea era proprio quella di lasciare una sorta di apertura, quasi un invito implicito a voler sapere cosa accadrà dopo. L'idea è quella di voler lasciare al lettore la possibilità di immaginare il finale.

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  2. Fin dalle prime righe di questa lettura, mi sembrava fossi immersa in un vero e proprio film. Ma leggendo fino in fondo, ho capito che si tratta di un film senza un finale, ma una sorta di quelle serie senza fine. Perché infatti il " male " , che funge da tema principale di tutto il brano, purtroppo anche nella vita reale non ha mai fine. Buona lettura a tutti ed ancora congratulazioni all'autore. Costa86

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    1. Grazie mille per il tuo commento così profondo e attento! È davvero gratificante sapere che il racconto sia riuscito a trasmettere emozioni così vivide, come se fosse un film. L’idea di lasciare il “male” senza una conclusione definitiva rispecchia proprio la complessità della vita reale, dove non sempre c’è un lieto fine. Le tue parole colgono perfettamente questo aspetto. Ciao Costa!

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  3. Racconto accattivante si lascia leggere tutto di un fiato. Scritto in maniera chiara.







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    1. Grazie mille per il tuo commento! Sono davvero felice che il racconto ti abbia catturato e che tu l'abbia trovato scorrevole e chiaro. È sempre un piacere sapere che la storia ha coinvolto il lettore fino all'ultima riga.

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  4. Una prosa straordinaria, linguaggio moderno, trovo inoltre originale e lineare la tua scrittura. Con te, personaggi e luoghi prendono forma in modo vivido e con poche pennellate d'autore ci immergi nel tempo, negli spazi e negli odori di quell'epoca. Ed a quel punto ci hai definitivamente e piacevolmente catturati senza più alcuna via di fuga che peraltro nessuno, io no di certo, ha voglia di cercare.

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    1. Grazie mille per le tue parole! Sono felice che il mio stile e la mia scrittura siano riusciti a trasportarti in quei luoghi e in quell’epoca. È sempre una grande soddisfazione sapere di aver coinvolto i lettori al punto da farli viaggiare con la fantasia, senza desiderare vie di fuga. Commenti come il tuo sono una vera motivazione per continuare a raccontare nuove storie.

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  5. E' una bella atmosfera, il profumo della carta che si avverte fin qui. Complimenti.

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    1. Grazie mille! Sono felice che tu possa percepire questa atmosfera. Non c’è nulla di più affascinante del profumo dei libri e del mondo che racchiudono.

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  6. una storia, a mio parere, che mette i brividi, ma non tanto per il racconto, per altro scritto magnificamente, quanto per il finale che ci mette davanti ed una realtà ben palpabile oggi, dove la chiesa, come hai anche scritto, è prigioniera di un male che non ha saputo combattere.
    Ma l'era di terrore è al termine e mi aspetto, caro Giuseppe, la continuazione del tuo racconto con la sconfitta totale del male.
    Complimenti.

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    1. A mio parere, il tuo commento coglie perfettamente l'essenza della storia: il brivido non è generato tanto dagli eventi narrati, quanto dal modo in cui il finale ci costringe a confrontarci con una realtà oscura e tangibile. Ho voluto lasciare il racconto con il finale aperto perché penso faccia riflettere un po' di più. Ma, leggendo anche altri commenti, si può pensare di continuare la storia con un lieto fine. Perché no? Grazie a te!

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  7. Un racconto davvero coinvolgente sull’eterno tema del bene e del male. Complimenti.
    sinforosa

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    1. Grazie di cuore! È sempre una sfida esplorare il confine sottile tra bene e male, ma anche incredibilmente stimolante. Sono felice che il racconto ti abbia coinvolto. Saluti!

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