C’è una frase ne L’eleganza del riccio di Muriel Barbery che mi è rimasta incollata alla pelle, come certe musiche che non si dimenticano:
“La bellezza consiste nell’essere felici di poco.”
Questa frase è una forma di resistenza. È una carezza lieve
ma tenace, che ci invita a rallentare, a guardare dentro piuttosto che attorno,
a pesare la qualità invece della quantità.
Ma cosa significa davvero essere felici di poco?
Significa, forse, riabituare l’occhio alla gratitudine.
Significa, forse, fare pace con ciò che siamo, e non solo con ciò che potremmo diventare.
Significa accorgersi di un raggio di sole che filtra dalla
finestra, di una tazza calda tra le mani, del rumore della pioggia che cade sul
tetto, di una parola gentile detta da qualcuno che non doveva farlo.
Essere felici di poco non è accontentarsi — che suona già
come una forma di rinuncia — ma scoprire che quel poco, in verità, è
immensamente tanto.
Piccole cose, grandi gioie
Ci insegnano che la felicità sta nelle grandi conquiste: un
lavoro importante, una casa più grande, un amore da romanzo. Eppure, è nelle
pieghe del quotidiano che spesso si annida la felicità più vera, quella che non
fa rumore ma riempie.
Uno sguardo che capisce. Una passeggiata a piedi nudi
sull’erba. Il profumo del pane appena sfornato. La prima pagina di un libro che
ci rapisce.
Queste non sono banalità. Sono dettagli rivelatori. Sono gli appigli della
bellezza in mezzo al caos.
E non si tratta di essere ciechi davanti alle difficoltà
della vita, né di fingere ottimismo a tutti i costi. Al contrario: è una forma
di lucidità. Di resistenza poetica.
È dire: “Malgrado tutto, io vedo ancora il bello.”
È custodire nel cuore un piccolo rifugio dove la semplicità
può ancora avere un senso.
Rinascere nella sobrietà
In un passaggio del romanzo, la protagonista, Renée,
portinaia coltissima e invisibile, osserva la vita dal suo angolo di mondo
nascosto. Lei, che conosce la filosofia come le sue tasche, che legge Tolstoj e
ascolta Mahler, vive una quotidianità fatta di gesti piccoli e precisi. E
trova, in quei gesti, una sorta di grazia.
È proprio lì che Barbery ci indica una via: non servono i riflettori per
accorgersi del miracolo dell'esistere.
Essere felici di poco è un atto quasi rivoluzionario.
Chi sa gioire delle piccole cose ha uno sguardo allenato
all’autenticità.
Non rincorre il superfluo, perché ha imparato ad amare
l’essenziale.
Una lezione per ognuno di noi
Forse dovremmo riscoprire il silenzio come dono. L’attesa
come tempo fecondo. La semplicità come eleganza.
Forse dovremmo imparare da chi, come Renée, sa ascoltare
Chopin nel cuore della notte e trovarci tutta la bellezza del mondo, senza
bisogno che qualcuno la celebri.
E allora, oggi, proviamo anche noi. Fermiamoci un istante.
Guardiamo qualcosa di semplice — una foglia che cade, un
caffè che fuma, il viso amato di qualcuno — e chiediamoci:
posso essere felice di questo poco?
Forse sì. Forse la vera ricchezza è proprio qui.
Nel poco che non pesa, ma illumina.
Anche tu mi hai lasciato una frase importante, forse definitiva: "fare pace con ciò che siamo".
RispondiEliminaA ben guardare superfluo ogni ulteriore commento. Grazie Giuseppe!
Grazie a te, le tue parole custodiscono il senso più profondo di ogni lettura: riconoscersi.
EliminaPerché quello che viene definito poco, in genere è molto.
RispondiEliminaEsatto, perché nel "poco" si cela spesso l’essenziale: ciò che nutre, commuove, resta.
Elimina"Essere felici di poco non è accontentarsi " una frase che mi piace,sinceramente non so se ho poco o tanto però mi sento piuttosto felice quindi va benone così.
RispondiEliminaUn saluto
La felicità, dopotutto, non si pesa: si vive.
EliminaPiù invecchio e meno desidero. Forse è proprio questa la chiave della felicità.
RispondiEliminaForse sì: desiderare meno per sentire di più. C'è una pace sottile in questo. Un caro saluto.
EliminaUna volta una persona mi disse che nel momento in cui sopraggiunge il bisogno di staccarsi dalle tante cianfrusaglie materiali ,si fa spazio lo spirituale ,come se sopraggiungesse una certezza di pienezza in altro ..più oltre.
RispondiEliminaQuel “più oltre” diventa allora una vera casa interiore.
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