E quando apparirai sul confine rosso dell'orizzonte beneamata agognata immagine non sciogliere i tuoi contorni nei colori dei tramonti.

martedì 30 settembre 2025

Un racconto, tante voci. Riepilogo Settembre 2025

Settembre è un mese che sa di passaggio, di attese e di ritorni. È il mese dell’uva matura, del sole che si fa più tenue, del tempo che rallenta come a voler trattenere l’estate per un ultimo respiro. Con settembre il nostro appuntamento con il gioco di scrittura creativa “Un racconto, tante voci, questa volta ha trovato il suo filo conduttore proprio nella “vendemmia”, simbolo di memoria, di comunità e di vita che si rinnova.

Ogni autore ha donato la sua voce, il suo sguardo e il suo ricordo, trasformando un semplice grappolo d’uva in metafora dell’esistenza.


Maddalena Corigliano Bivona ci porta tra i filari della sua infanzia, in un racconto intenso e intriso di nostalgia, dove la vendemmia diventa rito collettivo, festa di bambini e fatica di adulti, con il sapore buono delle cose semplici.

Davide Cervellobacato intreccia la memoria familiare al presente degli amici, restituendo il senso di continuità e cambiamento: ciò che finisce si trasforma, e i riti si rinnovano anche con volti diversi.

Chicchina ci accompagna attraverso i settembri della sua vita: dalla campagna alla città, dall’infanzia ai sogni della giovinezza, fino alle nuove consapevolezze. Ogni settembre è una svolta, una vendemmia personale.

Marco Santuari sceglie lo sguardo dei bambini: il disegno di un grappolo d’uva e il ricordo della maestra diventano il simbolo tenero e vivo di un settembre che profuma di scuola e di scoperta.

Giuseppe Marino aggiunge un tocco ironico con La vendemmia stonata: tra litigi di famiglia, ceste che si svuotano e risate che coprono i rimproveri, la vendemmia diventa sì un rito, ma condito da battibecchi e pane e formaggio.

Quello che emerge, mese dopo mese, è la ricchezza delle voci che partecipano: ognuna con la sua sensibilità, ognuna con il suo stile, ma tutte unite dal desiderio di raccontare.

Settembre ci insegna che la memoria non è un peso, ma una linfa che scorre: nelle vigne, nei gesti, nei legami e nelle parole.

 

E allora, come sempre, vi invito a leggere, a condividere e, perché no, a lasciarvi ispirare per la prossima sfida.

 

Vendemmia nel tempo

Racconto di Maddalena Corigliano Bivona

 

“Settembre arriva con l’odore dolce dell’uva matura e il fruscio leggero delle foglie che iniziano a tingersi d’oro. È il mese in cui il tempo sembra rallentare, quasi volesse concedere all’estate l’ultimo respiro prima dell’autunno. I ricordi riaffiorano come grappoli pieni, pronti a essere colti: mani segnate dal lavoro, ceste colme di frutti e voci che si intrecciano nei filari. La vendemmia non è solo raccolta, ma rito antico che lega passato e presente, memoria e speranza, in un brindisi silenzioso al cielo eterno della vita”.

Ed eravamo tutti insieme quella sera con un bicchiere di primitivo in mano. Quel vino univa il nostro dire, ci portava a fare confidenze intime e a raccontare, a raccontare del tempo.

Io ritornai indietro negli anni e mi rividi bambina. Bambina felice tra i filari d’uva traboccanti e dai pampini ancora verdi.

Riudivo le voci allegre, le risate e i canti che sapevano di nenia antica… quasi una eco mai spenta che legava il tempo e la gente delle nostre terre nella fatica.

Io fanciulla spensierata, insieme a fratellini e cuginetti, correvo con un cestino sul capo a trovare piccoli grappoli da strappare con le mani: a noi bambini le cesoie non erano concesse, ma solo di stare con i grandi in compagnia. Io, ricordo, staccavo chicchi neri e bianchi per saziare la mia bocca sempre pronta al dolce e poi andavo alla ricerca di formiche tra l’erba a cui lasciare la mia parte di abbondanza.

Grandi e bambini si mangiava sotto un albero enorme di fichi ancora colmo e si rideva nell’ascolto di aneddoti e racconti lontani.

La vendemmia richiedeva fatica e sudore e solo per noi bambini era una grande festa. L’acqua fresca degli orci dissetava e il pane sembrava più buono accompagnato da pomodori e formaggio e un sorso di vino dell’anno precedente. E dopo anche qualche fico rallegrava le bocche.

Il sole anneriva la pelle degli uomini e le donne bardate si coprivano persino il capo con fazzoletti bianchi di bucato. Noi bimbi non lavoravamo, eppure imbrattati di uve avevamo i vestiti.

Una festa di calabroni, api e formiche era tra i filari lunghi e infiniti. Piste per le nostre scorribande e per i nostri giochi. Ogni tanto una voce ragguardevole ci rabboniva perché intralciavamo il lavoro. Restavamo buoni e fermi per poco e poi su un pianoro, per non disturbare dei grandi la vendemmia, continuavamo i giochi.

Ricordi di lieta spensieratezza riempivano la mia mente, mentre gli altri al chiacchiericcio si abbandonavano.

Adesso godo di settembre l’aria mite e il dolce far niente accanto al mare e il cuore sazio di ricordi.

 

 

Senza titolo

Racconto di Davide CervelloBacato

blog di CervelloBacato

 

Settembre arriva con l’odore dolce dell’uva matura e il fruscio leggero delle foglie che iniziano a tingersi d’oro. È il mese in cui il tempo sembra rallentare, quasi volesse concedere all’estate l’ultimo respiro prima dell’autunno. I ricordi riaffiorano come grappoli pieni, pronti a essere colti: mani segnate dal lavoro, ceste colme di frutti e voci che si intrecciano nei filari. La vendemmia non è solo raccolta, ma rito antico che lega passato e presente, memoria e speranza, in un brindisi silenzioso al ciclo eterno della vita.

La mia, di memoria, mi riporta a un vigneto pieno pieno di uva scura, americana, coi nonni e gli zii e i cugini, tutti riuniti a raccoglierla in grosse ceste di plastica. Ci veniamo ogni anno, chissà da quanto, chissà per quanto. Davvero. Non lo ricordo. Perché poi è finita. Perché ora invece sono qui, venticinque e anche più anni dopo, alla casa in campagna del mio amico Fabrizio. Ai parenti si sono sostituiti gli amici, una nuova famiglia di gente che resta, in parte, e gente che va e viene, un po' come l'uva, che a volte è proprio ostinata e non si stacca, perciò resta, vicina ai frutti della propria madre, e altre invece quasi cade da sé, la tiri giù che è una bellezza, che la vita è bella anche grazie ai cambiamenti.

È un settembre ancora caldo, troppo, rispetto a quello di quand'ero bambino, ma nella tavola domenicale del pranzo sta rinnovando l'antico rito, qui all'ombra del portico, mentre brindiamo coi frutti raccolti l'anno prima, grati che ci sia ancora, nonostante tutto, questo incantesimo forse divino, conservato in grappoli, che ancora, saranno vino.

 

 

Tutto succede a settembre

Racconto di Chicchina

blog di Chicchina

 

Settembre arriva con l’odore dolce dell’uva matura e il fruscio leggero delle foglie che iniziano a tingersi d’oro. È il mese in cui il tempo sembra rallentare, quasi volesse concedere all’estate l’ultimo respiro prima dell’autunno. I ricordi riaffiorano come grappoli pieni, pronti a essere colti: mani segnate dal lavoro, ceste colme di frutti e voci che si intrecciano nei filari. La vendemmia non è solo raccolta, ma rito antico che lega passato e presente, memoria e speranza, in un brindisi silenzioso al ciclo eterno della vita."

Settembre ha sempre segnato nuove tappe, nuovi cambiamenti spesso importanti per la mia esistenza.

Ovvio che le situazioni si adattavano, via via, al cambio delle stagioni anche della vita.

Ricordo, di settembre, le vendemmie dagli zii. Partenza all'alba con muli ed asini e spesso, noi bambini che avevamo avuto la fortuna di essere accontentati, venivamo sistemati dentro le ceste, trasportate dagli asini.

Subito dopo iniziava la scuola. Strada da fare a piedi, per noi era un gioco, cartelle di stoffa frutto delle abili mani delle nostre mamme.

Il primo anno, 1946, una pluriclasse. Vicino alla scuola c'era la signora Giovannina che in un angolo della sua stanza più grande aveva uno scaffaletto con quaderni matite gomme colori temperamatite caramelle liquirizia quadretti di zucchero, cubetti di cotognata, un miscuglio da bazar. Io chiedevo i soldini per i quaderni e qualche matita ma poi compravo le caramelle.

Fu sempre in settembre, prima che iniziasse la scuola, che ci siamo trasferiti dal borgo dov'eravamo nati e dove c'erano i nonni e gli zii, in paese, un paese vero con strade, luci, acqua corrente. Io iniziavo le medie, il più giovane dei fratelli la prima elementare. Nuove comodità, nuove amicizie nuova vita.

In settembre si sposò mia sorella, evento importante in famiglia e l'emozione di mio padre che sembrava non reggere. In quella occasione, per il piccolo paese abbiamo inaugurato un nuovo stile, per i matrimoni, accantonando usi e costumi ben radicati.

Un altro settembre, conclusi gli anni del diploma, segnò il trasferimento dal piccolo paese alla grande città, in cerca di lavoro, mio padre non c'era più e mi sentivo responsabile per il resto della famiglia.

Mi ha accolto un settembre bellissimo, mite luminoso pieno di colori, di viali alberati e giardini ad abbellire ed arricchire il paesaggio urbano. Strade eleganti, palazzi, movimento, vita attiva e socievole, come succedeva nella Milano dei primi anni sessanta. Non sono partita con la valigia di cartone, non avevo neanche quella, ma non mi sarebbe servita. Solo qualche borsa, dove mettere un diploma e le piccole cose indispensabili al viaggio. Bagaglio leggero, il resto che mi portavo dietro non aveva un peso fisico: la nostalgia per ciò che lasciavo, il senso di spaesamento ma anche i tantissimi progetti, le speranze che mi spingevano a non fermarmi erano cose leggere come i pensieri, come i sogni di una ventenne...

È da quella nuova realtà che ho iniziato, finalmente, la mia vendemmia.

Anno dopo anno, trasferimenti famiglia, cambiamenti di stagioni, anche quelle della vita e di lavoro, curando l'invecchiamento, come un buon vino da centellinare a piccoli sorsi.

Così sono arrivata all'attuale settembre dopo un altro giro di boa. Giorni di ospedale, qualche rappezzo al motore qualche revisione ancora da fare, ma sono qui, appena in tempo per non mancare a questo appuntamento mensile che sta diventando un piacevole incontro di persone amiche, di idee e di parole.

 

 

U come UVA

Racconto di Marco Santuari

 

"Settembre arriva con l’odore dolce dell’uva matura e il fruscio leggero delle foglie che iniziano a tingersi d’oro. È il mese in cui il tempo sembra rallentare, quasi volesse concedere all’estate l’ultimo respiro prima dell’autunno. I ricordi riaffiorano come grappoli pieni, pronti a essere colti: mani segnate dal lavoro, ceste colme di frutti e voci che si intrecciano nei filari. La vendemmia non è solo raccolta, ma rito antico che lega passato e presente, memoria e speranza, in un brindisi silenzioso al ciclo eterno della vita."

Eppure se ci penso affiora alla mia mente il ricordo dell’uva, di un grappolo, il disegno di un grappolo. U COME UVA… Io e i miei compagni facevamo a gara a chi lo colorava meglio e più velocemente, ma io ci avrei messo anche un’ora, ma non dovevo assolutamente uscire dai bordi, gli acini dovevano essere blu scuro e perfetti, nessuna sbavatura. Ricordo ancora l’emozione dei primi giorni, la prima campanella. Eravamo immersi in una atmosfera di gioia, stupore e ansia. La maestra, così imperturbabile nella sua casacca nera coi quadretti azzurri sulle tasche, gli occhiali spessi, i capelli ricci che mostravano l’età che iniziava ad avanzare, e quel buffo neo accanto alla bocca. Le volevo un gran bene, mi ha insegnato a rammendare, a scrivere, a divorare libri da leggere, che gran donna, che MAESTRA. Si a settembre si vendemmiava, ma quelli erano i grandi, noi, i fanciulli avevamo un immancabile appuntamento con il primo giorno di scuola, con la vita che tornava a bussare al nostro quotidiano dopo quel leggiadro sospendersi nel tempo e nello spazio delle vacanze.

 

 

La vendemmia stonata

Racconto di Giuseppe Marino

 

Settembre arriva con l’odore dolce dell’uva matura e il fruscio leggero delle foglie che iniziano a tingersi d’oro. È il mese in cui il tempo sembra rallentare, quasi volesse concedere all’estate l’ultimo respiro prima dell’autunno. I ricordi riaffiorano come grappoli pieni, pronti a essere colti: mani segnate dal lavoro, ceste colme di frutti e voci che si intrecciano nei filari. La vendemmia non è solo raccolta, ma rito antico che lega passato e presente, memoria e speranza, in un brindisi silenzioso al ciclo eterno della vita.

Almeno, così diceva lo zio Alfredo, mentre tutti lo guardavano con aria scettica. Perché la verità era un’altra: la vendemmia, in quella famiglia, era un campo di battaglia.

I cugini litigavano su chi dovesse portare le ceste più leggere, la zia Rosa faceva finta di avere mal di schiena per non piegarsi, e il nonno, con aria solenne, si limitava a sedersi all’ombra e a impartire ordini che nessuno seguiva.

«Attenti a non rovinare i grappoli!» gridava.

«Ma se li stai mangiando tu!» ribatteva qualcuno, cogliendolo in flagrante con tre acini in bocca.

Alla fine, più che un rito antico, la vendemmia sembrava una farsa: grappoli che sparivano misteriosamente, ceste che si svuotavano a metà strada verso la cantina, e litri di vino promessi che nessuno era sicuro sarebbero mai nati.

Eppure, ogni anno, quando il sole calava e tutti si ritrovavano intorno a un tavolo improvvisato tra le viti, con pane, formaggio e un bicchiere di vino dell’anno prima, le risate coprivano ogni rimprovero, e persino le liti parevano diventare parte della tradizione.

Forse lo zio Alfredo non aveva tutti i torti: la vendemmia, in fondo, era davvero un brindisi silenzioso al ciclo eterno della vita. Solo che nel loro caso era un brindisi un po’ stonato, condito da briciole e battibecchi.


Prossimo appuntamento il 2 ottobre con un nuovo incipit e tante storie da raccontare!


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