Quando Antoine de Saint-Exupéry scrive ne Il piccolo principe che “L’essenziale è invisibile agli occhi”, non ci consegna solo una frase memorabile, ma un pensiero universale, una chiave per comprendere il senso profondo della nostra esistenza. Questa breve espressione, apparentemente semplice, è capace di scardinare il nostro modo di guardare il mondo, costringendoci a mettere in discussione ciò che riteniamo importante e ciò che, troppo spesso, lasciamo nell’ombra.
Il termine “essenziale” richiama ciò che è essenza, l’anima di qualcosa o qualcuno. In un fiore, l’essenza non è solo nei suoi petali delicati, ma nel profumo che sprigiona, nella vita che racchiude, nella sua capacità di suscitare emozioni. Analogamente, l’essenziale in una persona non risiede nelle sue apparenze, nei suoi titoli o nei suoi successi esteriori, ma nella sua autenticità, nella profondità del suo cuore, nei valori che la animano. Questo essenziale non si può misurare né quantificare; non si lascia afferrare dagli occhi, ma lo si coglie con il cuore, l’unico strumento davvero capace di vedere oltre.
Saint-Exupéry, attraverso la voce della volpe, ci
invita a riflettere sul modo in cui viviamo le relazioni. Troppo spesso ci
fermiamo alla superficie, distratti dalle prime impressioni, dai dettagli
tangibili e visibili. Eppure, le relazioni autentiche si costruiscono solo
quando impariamo a guardare oltre, a cogliere ciò che non è evidente: la
tenerezza nascosta dietro un gesto goffo, la forza che si cela in un sorriso
malinconico, la bellezza di un’anima che si svela con lentezza. L’essenziale
richiede tempo e dedizione per essere riconosciuto.
Questo ci riporta a un altro insegnamento dello stesso
libro: “È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così
importante.” L’essenziale, infatti, non si manifesta senza un atto di cura.
Occorre prendersi il tempo per osservare, per ascoltare, per lasciare che la
verità di qualcuno o qualcosa si riveli. La profondità delle cose non si offre
a chi guarda con fretta o superficialità.
“L’essenziale è invisibile agli occhi” è anche un
invito a un viaggio interiore. Quante volte, presi dalle urgenze quotidiane,
perdiamo di vista ciò che è veramente importante per noi? Ciò che ci rende
felici, che nutre la nostra anima, spesso non è visibile o tangibile. Non si
trova nelle cose che accumuliamo, ma nelle esperienze che viviamo, negli
affetti che coltiviamo, nei momenti di silenzio in cui riscopriamo noi stessi.
Questa frase ci esorta a ritrovare un dialogo con il nostro cuore, a chiederci
cosa sia davvero essenziale nella nostra vita e a mettere da parte tutto il
superfluo che ci appesantisce.
C’è un’altra dimensione dell’invisibilità che vale la
pena considerare: quella del mistero. Ciò che è essenziale non è solo
invisibile, ma anche misterioso, e il mistero non va svelato con forza, ma
rispettato e accolto. Ogni persona, ogni relazione, ogni incontro contiene una
parte di mistero che non può essere spiegata o razionalizzata. Imparare a
convivere con questo mistero è parte del nostro cammino verso la saggezza.
L’essenziale non ha bisogno di essere capito completamente; basta sentirlo,
accoglierlo, lasciarlo agire in noi.
Infine, questa frase ci invita a coltivare la fiducia.
Fiducia che, anche quando il mondo ci appare buio o incomprensibile,
l’essenziale rimane lì, invisibile ma presente. Come il seme che germoglia
sotto terra prima di spuntare alla luce, ciò che è vero e importante spesso
opera nel silenzio e nell’ombra. Non è necessario vederlo per sapere che c’è.
Imparare a riconoscere l’essenziale, a vivere in
accordo con questa verità, è forse una delle sfide più grandi che possiamo
affrontare. Ma è anche una delle conquiste più profonde e appaganti. E allora,
come il piccolo principe, ricordiamoci di guardare con il cuore. Perché è solo
attraverso di esso che possiamo scoprire l’essenziale.
Certamente per stabilire un legame importante - affettivo verso una persona, di interesse verso un'attività - il tempo è fondamentale. In un film del regista giapponese Mizoguchi una giovane sposa confessa a suo padre che si sente ancora a disagio col marito (trattasi di matrimonio combinato come era tradizione a quei tempi), sente il marito freddo, lontano. E il padre le risponde che dopo due sole settimane di matrimonio senza un precedente fidanzamento è normale che sia così, e che per costruire un rapporto profondo, reciprocamente affettuoso, aperto, è necessario del tempo, che anche il marito probabilmente prova una sensazione simile ma col passare dei mesi, man mano che si conosceranno meglio e impareranno a apprezzare le reciproche qualità e a apprezzare i reciproci gesti di rispetto e di affetto, allora quella sensazione di freddezza e lontananza spariranno.
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