giovedì 20 aprile 2017

Il viandante e il divoratore di falene. Recensione di Rita Castronovo

Il viandante e il divoratore di falene

Recensione di Rita Castronovo

 

È stato un piacere inatteso poter avere tra le mani “Il viandante e il divoratore di falene” l’opera poetica di Giuseppe Marino, scrittore e persona che conosco per la sua attenzione e l’impegno per la diffusione della cultura letteraria e musicale nel nostro territorio. I temi che Giuseppe Marino tratta in modo così limpido e pieno di suggestioni, di evocazioni profonde e vibranti, sono molto vicini alla mia sensibilità ed è per questo che con grande piacere ed emozione, dopo aver assaporato parola per parola i suoi testi mi accingo a scrivere alcune riflessioni. Ho ritrovato nei suoi versi, un senso di sacralità, un’esplorazione del mistero dell’Essere, che è oggi forse un orizzonte piuttosto remoto rispetto alla vita quotidiana dell’uomo del nostro tempo. La poesia dell’autore ci fa arrivare ad una realtà che trascende l’immediato, ci fa ritornare alla contemplazione, alla bellezza e il Sacro che si è congedato dal nostro mondo linguistico si riappropria nella sua poesia di tutta la sua dirompente forza, le sue visioni immaginifiche raccontano in maniera delicata e profonda la vita interiore dell’uomo. Non posso non partire facendo una riflessione che riguarda il mio essere insegnante, la mia vicinanza al mondo degli adolescenti, oggi più che mai i nostri ragazzi hanno bisogno di essere portati su un altro piano, che non sia quello del qui e dell’ora, e sarebbe bello perché no, poter leggere con loro le poesie di uno scrittore che vive e opera nella stessa realtà in cui vivono. Leggere le poesie di Giuseppe Marino per poter dire loro, che l’uomo è immaginifico e sognatore, che la realtà e le cose che la compongono non sono solo funzionali, razionalmente esatte nel loro essere e nel loro servire, che c’è qualcosa di più, l’uomo deve reimparare a danzare a muoversi in una dimensione sacrale, in un orizzonte più grande, un mistero che va oltre se stesso.

Amo molto la parola “Viandante”, che nella raccolta poetica ricorre spesso sin dal suo titolo. Il tema del viaggio, della ricerca, di qualcosa che vada oltre il limite della nostra esistenza, è mettere un passo dopo l’altro verso “l’Oltre” e“l’Altro” come scrive l’autore. L’uomo è: “creatura viandante nel tempo, assidua forma tra passi e riposi”. L’uomo “cercatore di Verità” trova promesse d’infinito:

 e tu piangi per stupore e bellezza

 le sponde lontane ti rechino abbracci”.

 La bellezza di questi versi risiede a mio avviso nel viaggio che l’autore ci fa compiere, che non porta ad una Verità assoluta, ad una religione rivelata, ogni lettore può trovare spunti di riflessioni, valori universali, vibrazioni dell’anima in cui può immedesimarsi e riflettersi. L’amore, il dolore, il tempo, l’eternità, l’infinito, il creato si fondono in una straordinaria sinfonia di suoni e di colori. Affiora la musica amata dal poeta, “Viaggio di due arpe e due voci, ritorno e rintocchi di violini e campane”, “disteso canto”, “al dolce suono di un’antica zampogne e d’ocarina”.

Il tempo nella poesia appare in un significato metastorico e presenta un costante vettore verso l’Eterno e trascorre attraverso tutta la vasta gamma di elementi presenti nella poesia dell’autore (la terra, il mare, l’aria, il sole, i tramonti).

“C’era un tempo in cui non eri

 al di qua del mare

l’Infinito...l’Eternità”

I tramonti sono l’immagine più suggestiva all’interno della poesia del nostro autore, diventano immagine palpitante e simbolica del percorso interiore del poeta, della dimensione spirituale della sua poesia. I tramonti come giochi di luce e colori ma soprattutto come metafora di una realtà metafisica, “la voragine dei tramonti”, una sorta di luogo in cui Finito e Infinito si incontrano, in cui l’Essenza dell’Universo si dipana. Nello stesso campo semantico dei tramonti, ritroviamo la parola “luce”:

luce risplende vergine e pura

oltre la coltre dei grigi contorni”

come anche il “Sole”, simbolo della verità tanto cercata.

Mi piace concludere queste riflessioni, definendo Giuseppe Marino, poeta innamorato dei tramonti, “magnifico capriccio del creatore”, “contemplazione inverosimile dell’Oltre”. L’autore ci conduce attraverso la sua poesia in un mondo metafisico di straordinaria bellezza, riesce a evocare realtà inedite, la sua parola ci incanta e ci affascina e ci conduce in un viaggio mistico dell’anima che si conclude in una visione, in cui ognuno può trovare in modi diversi il senso della propria vita.

 

E quando apparirai sul confine rosso dell’orizzonte

beneamata agognata immagine

non sciogliere i contorni

nei colori dei tramonti.

Rita Castronovo

 

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