E quando apparirai sul confine rosso dell'orizzonte beneamata agognata immagine non sciogliere i tuoi contorni nei colori dei tramonti.

giovedì 10 ottobre 2024

L'Ombra del Faraone


"Alcune verità devono rimanere sepolte. Non tutto ciò che è nascosto nel passato deve essere riportato alla luce."

 

I

L’Egitto del 1922 era un luogo di misteri e fascino per gli studiosi di tutto il mondo. Nelle terre dorate del deserto, tra le sabbie ardenti e le ombre imponenti delle piramidi, si celavano storie di faraoni dimenticati, tesori sepolti e maledizioni antiche. Un uomo, però, non temeva di sfidare l’ignoto. Il suo nome era Alexander Hawthorne, un archeologo inglese, noto per la sua sete di conoscenza e la sua intraprendenza.

Alexander era giunto nella Valle dei Re con l’obiettivo di trovare la tomba perduta del faraone Nebkaure, un sovrano quasi sconosciuto, rimosso da gran parte della storia ufficiale. Le iscrizioni ritrovate su antichi papiri raccontavano che Nebkaure fosse un tiranno sanguinario, il cui regno era stato avvolto da oscuri riti e sacrifici umani. Per questo, i sacerdoti avevano deciso di sigillare la sua memoria con una maledizione così potente che nessuno, nei secoli successivi, aveva mai osato profanare la sua dimora eterna.

Ma Alexander non era uomo da lasciarsi intimidire dalle superstizioni. Mosso dalle proprie ossessioni e da una promessa fatta al padre, anch’egli archeologo morto in circostanze misteriose durante uno scavo, aveva dedicato la vita alla ricerca di Nebkaure. Finalmente, grazie a un antico amuleto d’oro trovato in un mercatino al Cairo e ad alcune mappe decifrate con l'aiuto di un linguista francese, era convinto di aver individuato l’ingresso segreto della tomba.

Quando il sole del deserto cominciò a calare, tingendo il cielo di rosso, Alexander si addentrò nella valle. I suoi passi risuonavano come un’eco nelle gole rocciose, mentre giungeva davanti a una parete di pietra liscia, apparentemente anonima. Ma era certo che lì si celasse l’entrata. Con mani tremanti per l’eccitazione, estrasse il pugnale d’acciaio e incise un segno sull’amuleto. In quell’istante, un’impercettibile vibrazione attraversò l’aria, e un’antica porta nascosta iniziò a scivolare di lato, rivelando un passaggio buio e angusto.

Alexander accese la torcia, avanzando lentamente. L'aria si faceva sempre più rarefatta e opprimente, quasi come se l’oscurità stessa tentasse di soffocarlo. A ogni passo, il corridoio si allargava, rivelando iscrizioni geroglifiche sulle pareti, che narravano il sinistro regno di Nebkaure. D’improvviso, si fermò davanti a una camera decorata con bassorilievi: un guerriero con il volto celato da una maschera di sciacallo stava di fronte a un sarcofago di granito nero.

«Il Guardiano dell’Ombra!» sussurrò Alexander, riconoscendo l’antica figura leggendaria. «Lui sorveglia il faraone anche nella morte.»

Improvvisamente, un rumore alle sue spalle lo fece voltare di scatto. Una figura incappucciata, avvolta in un mantello nero, era apparsa dall’oscurità. Alexander sollevò la torcia, tentando di scorgere meglio i tratti del volto, ma quegli occhi gelidi e impenetrabili lo fissavano con una quiete inquietante.

«Sei arrivato fino a qui, straniero,» disse la voce, fredda e distaccata. «Ma non dovevi.»

Alexander, pur sorpreso, non indietreggiò. «Chi sei?»

«Un custode del tempo e un protettore delle anime perdute.» La figura sollevò una mano, rivelando un antico sigillo dorato con l’effigie del dio Anubi. «Se non torni indietro, sarai condannato a vagare per l’eternità, come tutti coloro che hanno cercato Nebkaure.»

«Non lascerò che le leggende mi fermino,» rispose Alexander con determinazione. «Sei tu ad aver ucciso mio padre?»

La figura non rispose, ma un sibilo tagliò l’aria e un antico pugnale si conficcò nel muro accanto ad Alexander. «La morte non ha padroni qui. Solo l’anima del faraone decide chi vive e chi muore.»

In un attimo, Alexander estrasse la sua pistola, ma la figura svanì nel nulla, lasciandolo solo nel silenzio della tomba. Con il cuore che batteva forte, decise di non arrendersi. Proseguì fino a raggiungere la camera sepolcrale. Un’enorme statua di Nebkaure, con lo sguardo severo, dominava la stanza. Al centro, il sarcofago nero emanava un’aura sinistra, quasi palpabile.

Alexander si avvicinò e, con estrema cautela, fece scivolare il coperchio. Un’ondata di freddo lo investì. Il corpo del faraone giaceva intatto, avvolto in bende dorate. Ma sotto il suo braccio, notò un’antica pergamena, coperta di simboli incomprensibili. Mentre tentava di prenderla, il Guardiano dell’Ombra riapparve, stavolta proprio accanto a lui.

«Hai profanato la sua tomba: ora affronta la sua maledizione.»

Le torce si spensero all’improvviso, e l’intera stanza fu avvolta dall’oscurità. Alexander sentì le pareti stringersi, mentre voci sussurranti lo circondavano. Afferrò la pergamena e iniziò a correre verso l’uscita, ma la figura lo inseguiva come un’ombra onnipresente.

Quando finalmente raggiunse la superficie, il sole stava sorgendo. Il Guardiano non c’era più, e la tomba si chiuse con un fragore assordante. Con il fiato corto e il cuore in gola, Alexander guardò l’amuleto, la chiave che aveva aperto l’ingresso. Sul metallo dorato ora c’era un’incisione che non aveva mai visto: “La morte ti segue, figlio del passato. Finché la verità non sarà rivelata, non troverai pace.”

Alexander sapeva che quella era solo l’inizio. La scoperta di Nebkaure e la pergamena avrebbero cambiato per sempre la sua vita. Ma il prezzo da pagare per svelare i segreti del faraone sarebbe stato molto più alto di quanto avesse mai immaginato.

 

II

Alexander fissava la pergamena tra le mani, le dita sporche di sabbia e sudore che tremavano per l’adrenalina. Sapeva che avrebbe dovuto esaminare con cura quel fragile documento, ma sentiva il bisogno di allontanarsi il più possibile dalla Valle dei Re. Forse a causa della paura, o forse perché il Guardiano dell’Ombra era ancora lì, invisibile tra le dune.

Tornò rapidamente al suo campo base, una modesta tenda issata su un’altura rocciosa. La sua assistente, Miriam Dupont, una giovane egittologa francese dallo sguardo penetrante e dai modi risoluti, lo attendeva con espressione preoccupata. Aveva seguito Alexander fin dall’inizio della sua ricerca, guidata dal desiderio di riscattare la memoria del padre, morto anni prima in circostanze misteriose durante un’altra spedizione nel deserto.

«Alexander, cosa diavolo è successo? Ti ho visto sparire nella notte e poi …» La sua voce si spense nel vedere la pergamena. «Dio mio! Quella è la pergamena di Nebkaure, vero?»

«Sì, ma non so cosa significhi,» rispose lui, con un sospiro. «Qualcosa di strano è accaduto lì sotto. Ho visto qualcuno. Un guardiano, o forse un’allucinazione. Ma ciò che importa ora è decifrare questo testo prima che sia troppo tardi.»

Miriam non fece altre domande e preparò immediatamente i suoi strumenti. Dispiegò la pergamena sul tavolo improvvisato e, alla luce fioca di una lanterna, i due iniziarono a decifrare le prime righe.

Le parole sembravano contorte, come se fossero scritte da una mano impazzita. I simboli usati non erano del tutto egizi, ma si mescolavano con ideogrammi che Alexander non aveva mai visto prima. Alcuni rappresentavano figure umane con teste di animali, altre descrivevano scene di rituali spaventosi, mentre una serie di segni ripetuti indicavano il nome del faraone, Nebkaure, accanto a quello di un’entità sconosciuta: Zahur-Re, il Signore dell’Ombra.

«Chi è Zahur-Re?» sussurrò Miriam, passandosi una mano tra i capelli castani. «Non esiste nessuna divinità egizia con quel nome.»

Alexander scosse il capo. «Forse non è una divinità. E se fosse un essere umano? Un sommo sacerdote o un consigliere?»

Proseguirono nella lettura, e i geroglifici divennero ancora più inquietanti: “Zahur-Re, Signore dell’Ombra, sigillò l’anima del faraone e di tutto il suo popolo con un patto di sangue. Affinché nessuno li risvegli, la morte seguirà chiunque osi violare il loro sonno eterno.”

Miriam trattenne il respiro, e Alexander avvertì un brivido gelido scorrergli lungo la schiena. «Questo non è solo un monito. È una minaccia,» mormorò lui. «Questa pergamena sembra essere una chiave, o forse un enigma da risolvere.»

Mentre si scambiavano uno sguardo pieno di domande irrisolte, un colpo secco ruppe il silenzio. Le lampade a olio si spensero contemporaneamente, lasciando i due nella completa oscurità. Alexander si girò di scatto, la pistola in pugno.

«Chi c’è?» gridò nel vuoto.

Un sussurro, simile a un lamento, risuonò dal nulla. Le tende del campo ondeggiarono come mosse da un vento invisibile, e un’ombra indefinita si mosse rapida alle loro spalle. Miriam afferrò una torcia elettrica e illuminò il punto, ma non c’era nulla.

«Forse è il vento, o…» iniziò lei, ma si interruppe quando vide che la pergamena era scomparsa dal tavolo.

Alexander maledisse tra i denti e corse fuori dalla tenda. Un’ombra scivolava lungo le rocce, portando con sé il documento. Con un’abilità sorprendente, Alexander balzò in avanti e riuscì ad afferrare il mantello della figura incappucciata. Lottarono per un attimo, ma alla fine lui strappò il prezioso manufatto dalle mani dello sconosciuto.

Con il fiato corto, accese la torcia per vedere meglio. L’uomo, o ciò che ne restava, indossava abiti coperti di polvere e una maschera in ceramica rotta. Ma ciò che colpì Alexander furono le sue orbite vuote, dove un tempo c’erano stati occhi. Il volto dietro la maschera era mummificato, come se l’essere fosse stato strappato via dal mondo dei vivi secoli prima.

«Chi sei?» urlò Alexander, ma la creatura si disintegrò in un soffio di sabbia tra le sue mani.

Miriam arrivò al suo fianco, ansimante. «Dobbiamo andarcene di qui. Ora.»

«Non posso,» rispose Alexander con ostinazione, stringendo la pergamena tra le dita. «Qualcosa mi dice che abbiamo solo scalfito la superficie. Questa creatura era un avvertimento. Ma cosa stiamo risvegliando?»

La sua mente era un turbine di pensieri. Doveva trovare un modo per decifrare il messaggio della pergamena e capire chi fosse Zahur-Re. Si ricordò di una vecchia conoscenza, il professor Alistair Crowley, esperto di occultismo e di lingue dimenticate. Anche se non si fidava completamente di lui, Alexander sapeva che era l’unica persona in grado di aiutarli.

Decisero di recarsi immediatamente al Cairo. Con la pergamena avvolta in un panno di seta per proteggerla, si misero in marcia lungo le dune verso il villaggio più vicino, dove avrebbero trovato un passaggio per la città.

Ma mentre il sole iniziava a sorgere, un’ombra li seguiva da lontano, proiettata dalle rocce come un falco predatore che osserva la sua preda.

Arrivati al Cairo, Alexander e Miriam raggiunsero la vecchia villa di Alistair. Era una struttura decadente, con finestre sbarrate e una vegetazione che sembrava aver inghiottito le mura. Quando bussarono alla pesante porta di legno, furono accolti da un uomo alto e snello, con occhi che brillavano di un’intelligenza inquietante.

«Alexander, che piacevole sorpresa,» disse Alistair con un sorriso ambiguo. «Sapevo che prima o poi saresti venuto a cercarmi. Tuo padre parlava spesso di te.»

Alexander lo fissò, incapace di decifrare il tono dell’uomo. «Sai perché sono qui, Alistair.»

«Oh, certo.» L’occultista fece un cenno e li fece accomodare in uno studio ricco di libri polverosi e artefatti bizzarri. «Dimmi tutto. E poi lasciami vedere la pergamena.»

Con riluttanza, Alexander tirò fuori il documento e lo posò sul tavolo. Alistair lo osservò a lungo, come se stesse comunicando con qualcosa di invisibile. Poi alzò lo sguardo verso Alexander e Miriam, e la sua espressione si fece seria.

«Quello che avete trovato è una maledizione legata a un’antica setta chiamata I Figli dell’Ombra. Zahur-Re non era un essere umano, era il nome di un’entità evocata dai sacerdoti per proteggere il regno del faraone, un demone legato al mondo dei morti. Se avete risvegliato la sua attenzione, allora temo che la vostra anima sia già segnata.»

Un silenzio opprimente calò nella stanza, mentre Alexander sentiva il gelo della paura insinuarsi dentro di lui.

 

III

Il respiro di Alexander si fece corto mentre cercava di assimilare le parole di Alistair. Il demone Zahur-Re, il custode della tomba. Se ciò che diceva l’occultista era vero, allora non avevano a che fare solo con un guardiano simbolico, ma con una forza sovrannaturale scatenata dal loro stesso ritrovamento.

«Come possiamo fermarlo?» chiese Miriam, il volto pallido e teso. «Esiste un modo per spezzare la maledizione?»

Alistair si allontanò dal tavolo, sfiorando con le dita un’antica mappa del Nilo appesa al muro. «Non si può spezzare qualcosa che è stato creato con la morte e il sangue di migliaia di persone, mia cara. Ma forse c’è un modo per placare Zahur-Re e rimandarlo nel suo regno.»

Alexander si protese in avanti, speranza e disperazione che lottavano dentro di lui. «Che cosa dobbiamo fare?»

L’occultista si voltò e i suoi occhi parvero brillare nella penombra. «Nella parte più profonda della tomba di Nebkaure, oltre la camera sepolcrale, c’è un luogo che nessuno ha mai visto. Una seconda stanza nascosta che ospita il Cuore del Faraone

«Il Cuore del Faraone?» ripeté Alexander. «Di cosa si tratta?»

«Non è un organo fisico,» spiegò Alistair, sollevando un libro dall’aria sinistra e sfogliandolo lentamente. «Si tratta di un artefatto creato durante il regno di Nebkaure. Un oggetto di pura energia spirituale che contiene l’essenza del faraone e dei suoi seguaci. Quando i sacerdoti di Zahur-Re sigillarono la tomba, legarono il Cuore all’anima del demone. È il suo legame con il mondo dei vivi. Per spezzare questo vincolo, dovrete distruggere l’artefatto: ma nessuno sa come fare. Le antiche iscrizioni parlano di un rituale specifico, ma nessuno l’ha mai tentato.»

Alexander osservò la pergamena. «E se questa contenesse le istruzioni?»

Alistair annuì lentamente. «Potrebbe essere. Ma sappi che non sarà facile. Il Cuore del Faraone è protetto dalle anime dei morti, coloro che Zahur-Re ha maledetto affinché vaghino per l’eternità. Se entrerai lì dentro senza essere preparato, rischierai di essere intrappolato per sempre.»

Il silenzio nella stanza divenne pesante. Alexander sapeva di non avere scelta. La sua sete di verità, insieme alla promessa fatta al padre, lo costringeva a tentare l’impossibile. Ma Miriam, che lo osservava con occhi lucidi, scosse la testa.

«Non puoi farlo da solo, Alexander. Ti aiuterò.»

«No, Miriam, è troppo pericoloso,» protestò lui. «Non posso permettere che ti accada qualcosa.»

«Non sono venuta fin qui per arrendermi davanti a una minaccia,» replicò lei con tono fermo. «Tuo padre era anche il mio mentore, e se c’è un modo per fermare questa maledizione, lo troveremo insieme.»

Alexander la fissò per un lungo momento, poi annuì. «Va bene. Lo faremo insieme.»

Due giorni dopo, sotto un cielo nero e minaccioso, tornarono nella Valle dei Re. Il vento ululava tra le rocce, sollevando nuvole di sabbia e cenere. Ogni ombra sembrava allungarsi e distorcersi come se li seguisse, e la sensazione di essere osservati li opprimeva.

Alexander e Miriam raggiunsero nuovamente l’ingresso della tomba di Nebkaure. Stavolta erano preparati. Alistair li aveva equipaggiati con amuleti di protezione, torce speciali e antichi incantesimi scritti su pergamene per tenere a bada le anime dannate.

Il passaggio segreto si aprì ancora una volta, e una brezza gelida li avvolse, come il respiro di un’antica creatura. Con cautela, si inoltrarono nel corridoio principale, avanzando verso la camera sepolcrale. La figura del Guardiano dell’Ombra era scomparsa, ma il sarcofago di Nebkaure dominava ancora la stanza con la sua imponente presenza.

«Deve esserci un ingresso nascosto per la seconda camera,» disse Alexander, illuminando le pareti con la torcia. «Qualcosa che non abbiamo notato l’altra volta.»

Si avvicinò alla statua del faraone, esaminandone i dettagli. Notò un simbolo inciso sulla base del piedistallo: un occhio circondato da fiamme. Sapeva cosa significava. L’Occhio di Zahur-Re: un sigillo che avrebbe dovuto rimanere nascosto per sempre.

Premette delicatamente il simbolo, e una sezione del pavimento iniziò a scivolare, rivelando una scala a chiocciola che scendeva nell’oscurità più profonda. Alexander si scambiò uno sguardo con Miriam.

«Questa è l’ultima occasione per tornare indietro,» disse lei con un mezzo sorriso. «Ma so già cosa risponderai.»

«Non siamo venuti fin qui per arrenderci,» rispose lui. E così iniziarono a scendere.

La scala li condusse a una stanza sotterranea che sembrava esistere fuori dal tempo. Le pareti erano ricoperte da simboli luminosi, che pulsavano come vene di luce cremisi. Al centro della stanza, una sfera sospesa a mezz’aria emanava un bagliore inquietante. Dentro di essa, sembrava agitarsi un liquido nero come la pece.

Alexander avanzò con cautela. «Il Cuore del Faraone» sussurrò, sentendo un senso di terrore puro invaderlo. «È vivo.»

D’improvviso, la stanza si riempì di un suono simile a un lamento collettivo. Decine di ombre emersero dalle pareti, anime perdute con volti contorti dal dolore. Miriam gridò, sollevando uno degli amuleti di protezione. Le entità si fermarono, come trattenute da una barriera invisibile, ma continuarono a girare attorno a loro con movimenti agili e innaturali.

«Fa’ in fretta, Alexander!» urlò lei.

Alexander afferrò la pergamena e cominciò a leggere l’incantesimo che Alistair aveva decifrato per lui. La lingua arcana usciva a fatica dalle sue labbra, ma sentì il Cuore del Faraone pulsare violentemente. La sfera iniziò a crepitare, come se stesse per esplodere.

Le anime gridarono in agonia, e il pavimento sotto di loro tremò. Ma poi, un’ombra imponente si materializzò davanti al Cuore. Zahur-Re apparve, alto e terribile, con occhi fiammeggianti di odio. Il demone sollevò una mano, e Alexander fu scagliato contro il muro con una forza sovrumana.

«Sciocco mortale,» tuonò Zahur-Re. «Hai osato sfidare il custode delle anime. Ora, pagherai con la tua stessa vita.»

Alexander si rialzò, il corpo dolorante, ma la determinazione intatta. Sollevò la pergamena e continuò a recitare l’incantesimo. La luce attorno al Cuore aumentò, e una crepa apparve sulla superficie della sfera.

Zahur-Re ruggì di rabbia e avanzò verso di lui, ma Miriam si frappose tra loro, stringendo l’amuleto di protezione. «Non passerai, demone!»

Con un ruggito furioso, Zahur-Re sollevò una tempesta di sabbia e ombra, ma l’amuleto di Miriam emise un bagliore accecante che lo costrinse a indietreggiare. Era il momento. Alexander sollevò un antico pugnale, ricavato da un frammento di pietra sacra, e lo conficcò nel Cuore del Faraone.

La sfera esplose in un lampo di luce e oscurità, e Zahur-Re emise un grido disumano, mentre il suo corpo iniziava a dissolversi.

 

IV

La luce del Cuore del Faraone svanì in un’esplosione silenziosa, come una stella che si spegne nel vuoto dell’universo. L’urlo di Zahur-Re si attenuò, trasformandosi in un sussurro soffocato. Il demone, un tempo possente e terribile, si disgregò in una polvere nera che fu risucchiata nel vortice di ombre. Le anime dei morti, che avevano assistito con occhi vacui al rituale, iniziarono a dissolversi, liberate dalla loro prigionia eterna.

Alexander rimase immobile, il respiro affannato, mentre osservava ciò che rimaneva della sfera: frammenti di cristallo annerito e il pugnale sacro piantato al centro, ormai privato di ogni potere. Zahur-Re era stato sconfitto. L’incantesimo spezzato.

Miriam lo raggiunse, il volto pallido ma illuminato da un sorriso stanco. «Ci sei riuscito, Alexander. Hai distrutto il legame con questo mondo.»

Alexander abbassò lo sguardo sulla pergamena ormai inerte. «Non ci sono riuscito da solo,» mormorò. «Tu hai tenuto a bada Zahur-Re. Senza di te, sarei morto o peggio.»

Il silenzio nella camera era palpabile. La stanza, un tempo permeata da un’aura maligna, sembrava ora un luogo di pace. Le pareti non pulsavano più di energia oscura, e il soffitto, per la prima volta, lasciava intravedere piccole fessure attraverso cui filtrava la luce del sole mattutino.

«Dobbiamo andare,» disse Miriam, rompendo l’incanto del momento. «Prima che la tomba collassi o che qualcosa di più oscuro si risvegli.»

Alexander annuì e raccolse gli strumenti. L’amuleto di Miriam non emanava più la sua aura protettiva, e anche gli antichi incantesimi che avevano portato sembravano privi di energia. Era come se tutto ciò che fosse legato al demone fosse svanito, lasciando la tomba vuota e spoglia.

Salirono rapidamente la scala e attraversarono il passaggio segreto. Quando riemersero nella camera sepolcrale principale, le tenebre che avvolgevano il sarcofago di Nebkaure erano svanite. Il faraone poteva finalmente riposare in pace.

Alexander si girò un’ultima volta prima di uscire. «Mi dispiace per ciò che è successo, ma ora è finita.» Si rivolse a Miriam, con un’ombra di tristezza negli occhi. «Lascio che questa tomba sia dimenticata. Non ci saranno più profanazioni o ricerche. Nebkaure e il suo popolo meritano di essere lasciati in pace.»

Quando finalmente raggiunsero l’uscita della tomba, furono accolti dal sole brillante del mattino. L’aria fresca riempì i loro polmoni, e Alexander provò un sollievo che non credeva possibile. Il deserto, che un tempo era parso un luogo di morte e mistero, ora sembrava respirare insieme a loro.

Salirono sul vecchio fuoristrada e si diressero verso il Cairo. Durante il viaggio, Miriam guardò Alexander, la fronte ancora solcata da rughe di preoccupazione.

«Cosa farai ora?» gli chiese.

Lui fissò il deserto che scorreva accanto, come un mare di sabbia infinita. «Tornerò a casa. Forse scriverò un libro o forse no. La verità è che non importa cosa dirò o cosa scriverò. Nessuno capirebbe davvero ciò che abbiamo vissuto.»

«Ma tu lo capisci,» rispose Miriam. «E questo conta.»

Alexander annuì lentamente. «Sì, lo capisco. E sai cosa ho imparato? A volte, alcune verità devono rimanere sepolte. Non tutto ciò che è nascosto nel passato deve essere riportato alla luce. Il potere, la conoscenza… possono corrompere anche i cuori più puri.»

Miriam posò una mano sulla sua. «Hai spezzato una maledizione, Alexander. Tuo padre sarebbe fiero di te.»

Un sorriso amaro si dipinse sul volto di Alexander. «Forse sì. Ma se fosse ancora vivo, mi direbbe che non c’è gloria nel risvegliare forze che non comprendiamo. Mi direbbe di lasciar perdere, di dedicarmi a scoperte che possano aiutare l’umanità, non a inseguire leggende che rischiano di distruggerci.»

Rimasero in silenzio mentre le dune passavano accanto a loro, ondeggianti sotto il sole cocente. La strada verso il Cairo era ancora lunga, ma Alexander sapeva che, a differenza di quanto era successo a suo padre, lui sarebbe tornato.

Si voltò verso Miriam e, per la prima volta, sentì una calma autentica invaderlo. «Sai, Miriam, c’è un’altra tomba che avrei voluto esplorare. A Giza, dicono che ci sia un passaggio segreto sotto la Sfinge».

Lei lo interruppe con un sorriso radioso. «Solo se mi prometti che questa volta non risveglieremo nessun demone antico.»

Alexander rise e annuì. «Promesso. Solo sabbia e pietre, nulla di più.»

Con questa promessa, ripresero la strada, lasciandosi alle spalle la Valle dei Re e i suoi segreti sepolti. E mentre il sole tramontava all’orizzonte, Alexander sentì che, per la prima volta, il peso del passato iniziava a sollevarsi dalle sue spalle. Forse non tutte le ombre erano destinate a perseguitare per sempre chi le aveva sfidate.

La Valle poteva tornare a dormire, e così anche il suo cuore.

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