I
L’Egitto del 1922 era un luogo di misteri e fascino per gli studiosi di tutto il mondo. Nelle terre dorate del deserto, tra le sabbie ardenti e le ombre imponenti delle piramidi, si celavano storie di faraoni dimenticati, tesori sepolti e maledizioni antiche. Un uomo, però, non temeva di sfidare l’ignoto. Il suo nome era Alexander Hawthorne, un archeologo inglese, noto per la sua sete di conoscenza e la sua intraprendenza.
Alexander era giunto nella Valle dei Re con l’obiettivo di
trovare la tomba perduta del faraone Nebkaure, un sovrano quasi sconosciuto,
rimosso da gran parte della storia ufficiale. Le iscrizioni ritrovate su
antichi papiri raccontavano che Nebkaure fosse un tiranno sanguinario, il cui
regno era stato avvolto da oscuri riti e sacrifici umani. Per questo, i
sacerdoti avevano deciso di sigillare la sua memoria con una maledizione così
potente che nessuno, nei secoli successivi, aveva mai osato profanare la sua
dimora eterna.
Ma Alexander non era uomo da lasciarsi intimidire dalle
superstizioni. Mosso dalle proprie ossessioni e da una promessa fatta al padre,
anch’egli archeologo morto in circostanze misteriose durante uno scavo, aveva
dedicato la vita alla ricerca di Nebkaure. Finalmente, grazie a un antico
amuleto d’oro trovato in un mercatino al Cairo e ad alcune mappe decifrate con
l'aiuto di un linguista francese, era convinto di aver individuato l’ingresso
segreto della tomba.
Quando il sole del deserto cominciò a calare, tingendo il
cielo di rosso, Alexander si addentrò nella valle. I suoi passi risuonavano
come un’eco nelle gole rocciose, mentre giungeva davanti a una parete di pietra
liscia, apparentemente anonima. Ma era certo che lì si celasse l’entrata. Con
mani tremanti per l’eccitazione, estrasse il pugnale d’acciaio e incise un segno
sull’amuleto. In quell’istante, un’impercettibile vibrazione attraversò l’aria,
e un’antica porta nascosta iniziò a scivolare di lato, rivelando un passaggio
buio e angusto.
Alexander accese la torcia, avanzando lentamente. L'aria si
faceva sempre più rarefatta e opprimente, quasi come se l’oscurità stessa
tentasse di soffocarlo. A ogni passo, il corridoio si allargava, rivelando
iscrizioni geroglifiche sulle pareti, che narravano il sinistro regno di
Nebkaure. D’improvviso, si fermò davanti a una camera decorata con
bassorilievi: un guerriero con il volto celato da una maschera di sciacallo
stava di fronte a un sarcofago di granito nero.
«Il Guardiano dell’Ombra!» sussurrò Alexander, riconoscendo
l’antica figura leggendaria. «Lui sorveglia il faraone anche nella morte.»
Improvvisamente, un rumore alle sue spalle lo fece voltare
di scatto. Una figura incappucciata, avvolta in un mantello nero, era apparsa
dall’oscurità. Alexander sollevò la torcia, tentando di scorgere meglio i
tratti del volto, ma quegli occhi gelidi e impenetrabili lo fissavano con una
quiete inquietante.
«Sei arrivato fino a qui, straniero,» disse la voce, fredda
e distaccata. «Ma non dovevi.»
Alexander, pur sorpreso, non indietreggiò. «Chi sei?»
«Un custode del tempo e un protettore delle anime perdute.»
La figura sollevò una mano, rivelando un antico sigillo dorato con l’effigie
del dio Anubi. «Se non torni indietro, sarai condannato a vagare per
l’eternità, come tutti coloro che hanno cercato Nebkaure.»
«Non lascerò che le leggende mi fermino,» rispose Alexander
con determinazione. «Sei tu ad aver ucciso mio padre?»
La figura non rispose, ma un sibilo tagliò l’aria e un
antico pugnale si conficcò nel muro accanto ad Alexander. «La morte non ha
padroni qui. Solo l’anima del faraone decide chi vive e chi muore.»
In un attimo, Alexander estrasse la sua pistola, ma la
figura svanì nel nulla, lasciandolo solo nel silenzio della tomba. Con il cuore
che batteva forte, decise di non arrendersi. Proseguì fino a raggiungere la
camera sepolcrale. Un’enorme statua di Nebkaure, con lo sguardo severo,
dominava la stanza. Al centro, il sarcofago nero emanava un’aura sinistra,
quasi palpabile.
Alexander si avvicinò e, con estrema cautela, fece scivolare
il coperchio. Un’ondata di freddo lo investì. Il corpo del faraone giaceva
intatto, avvolto in bende dorate. Ma sotto il suo braccio, notò un’antica
pergamena, coperta di simboli incomprensibili. Mentre tentava di prenderla, il
Guardiano dell’Ombra riapparve, stavolta proprio accanto a lui.
«Hai profanato la sua tomba: ora affronta la sua
maledizione.»
Le torce si spensero all’improvviso, e l’intera stanza fu
avvolta dall’oscurità. Alexander sentì le pareti stringersi, mentre voci
sussurranti lo circondavano. Afferrò la pergamena e iniziò a correre verso l’uscita,
ma la figura lo inseguiva come un’ombra onnipresente.
Quando finalmente raggiunse la superficie, il sole stava
sorgendo. Il Guardiano non c’era più, e la tomba si chiuse con un fragore
assordante. Con il fiato corto e il cuore in gola, Alexander guardò l’amuleto,
la chiave che aveva aperto l’ingresso. Sul metallo dorato ora c’era
un’incisione che non aveva mai visto: “La morte ti segue, figlio del
passato. Finché la verità non sarà rivelata, non troverai pace.”
Alexander sapeva che quella era solo l’inizio. La scoperta
di Nebkaure e la pergamena avrebbero cambiato per sempre la sua vita. Ma il
prezzo da pagare per svelare i segreti del faraone sarebbe stato molto più alto
di quanto avesse mai immaginato.
II
Alexander fissava la pergamena tra le mani, le dita
sporche di sabbia e sudore che tremavano per l’adrenalina. Sapeva che avrebbe
dovuto esaminare con cura quel fragile documento, ma sentiva il bisogno di
allontanarsi il più possibile dalla Valle dei Re. Forse a causa della paura, o
forse perché il Guardiano dell’Ombra era ancora lì, invisibile tra le dune.
Tornò rapidamente al suo campo base, una modesta tenda
issata su un’altura rocciosa. La sua assistente, Miriam Dupont, una giovane
egittologa francese dallo sguardo penetrante e dai modi risoluti, lo attendeva
con espressione preoccupata. Aveva seguito Alexander fin dall’inizio della sua
ricerca, guidata dal desiderio di riscattare la memoria del padre, morto anni
prima in circostanze misteriose durante un’altra spedizione nel deserto.
«Alexander, cosa diavolo è successo? Ti ho visto
sparire nella notte e poi …» La sua voce si spense nel vedere la pergamena.
«Dio mio! Quella è la pergamena di Nebkaure, vero?»
«Sì, ma non so cosa significhi,» rispose lui, con un
sospiro. «Qualcosa di strano è accaduto lì sotto. Ho visto qualcuno. Un
guardiano, o forse un’allucinazione. Ma ciò che importa ora è decifrare questo
testo prima che sia troppo tardi.»
Miriam non fece altre domande e preparò immediatamente
i suoi strumenti. Dispiegò la pergamena sul tavolo improvvisato e, alla luce
fioca di una lanterna, i due iniziarono a decifrare le prime righe.
Le parole sembravano contorte, come se fossero scritte
da una mano impazzita. I simboli usati non erano del tutto egizi, ma si
mescolavano con ideogrammi che Alexander non aveva mai visto prima. Alcuni
rappresentavano figure umane con teste di animali, altre descrivevano scene di
rituali spaventosi, mentre una serie di segni ripetuti indicavano il nome del
faraone, Nebkaure, accanto a quello di un’entità sconosciuta: Zahur-Re, il
Signore dell’Ombra.
«Chi è Zahur-Re?» sussurrò Miriam, passandosi una mano
tra i capelli castani. «Non esiste nessuna divinità egizia con quel nome.»
Alexander scosse il capo. «Forse non è una divinità. E
se fosse un essere umano? Un sommo sacerdote o un consigliere?»
Proseguirono nella lettura, e i geroglifici divennero
ancora più inquietanti: “Zahur-Re, Signore dell’Ombra, sigillò l’anima del
faraone e di tutto il suo popolo con un patto di sangue. Affinché nessuno li
risvegli, la morte seguirà chiunque osi violare il loro sonno eterno.”
Miriam trattenne il respiro, e Alexander avvertì un
brivido gelido scorrergli lungo la schiena. «Questo non è solo un monito. È una
minaccia,» mormorò lui. «Questa pergamena sembra essere una chiave, o forse un
enigma da risolvere.»
Mentre si scambiavano uno sguardo pieno di domande
irrisolte, un colpo secco ruppe il silenzio. Le lampade a olio si spensero
contemporaneamente, lasciando i due nella completa oscurità. Alexander si girò
di scatto, la pistola in pugno.
«Chi c’è?» gridò nel vuoto.
Un sussurro, simile a un lamento, risuonò dal nulla.
Le tende del campo ondeggiarono come mosse da un vento invisibile, e un’ombra
indefinita si mosse rapida alle loro spalle. Miriam afferrò una torcia
elettrica e illuminò il punto, ma non c’era nulla.
«Forse è il vento, o…» iniziò lei, ma si interruppe
quando vide che la pergamena era scomparsa dal tavolo.
Alexander maledisse tra i denti e corse fuori dalla
tenda. Un’ombra scivolava lungo le rocce, portando con sé il documento. Con
un’abilità sorprendente, Alexander balzò in avanti e riuscì ad afferrare il
mantello della figura incappucciata. Lottarono per un attimo, ma alla fine lui
strappò il prezioso manufatto dalle mani dello sconosciuto.
Con il fiato corto, accese la torcia per vedere
meglio. L’uomo, o ciò che ne restava, indossava abiti coperti di polvere e una
maschera in ceramica rotta. Ma ciò che colpì Alexander furono le sue orbite
vuote, dove un tempo c’erano stati occhi. Il volto dietro la maschera era
mummificato, come se l’essere fosse stato strappato via dal mondo dei vivi
secoli prima.
«Chi sei?» urlò Alexander, ma la creatura si
disintegrò in un soffio di sabbia tra le sue mani.
Miriam arrivò al suo fianco, ansimante. «Dobbiamo
andarcene di qui. Ora.»
«Non posso,» rispose Alexander con ostinazione, stringendo
la pergamena tra le dita. «Qualcosa mi dice che abbiamo solo scalfito la
superficie. Questa creatura era un avvertimento. Ma cosa stiamo risvegliando?»
La sua mente era un turbine di pensieri. Doveva
trovare un modo per decifrare il messaggio della pergamena e capire chi fosse
Zahur-Re. Si ricordò di una vecchia conoscenza, il professor Alistair Crowley,
esperto di occultismo e di lingue dimenticate. Anche se non si fidava
completamente di lui, Alexander sapeva che era l’unica persona in grado di aiutarli.
Decisero di recarsi immediatamente al Cairo. Con la
pergamena avvolta in un panno di seta per proteggerla, si misero in marcia
lungo le dune verso il villaggio più vicino, dove avrebbero trovato un
passaggio per la città.
Ma mentre il sole iniziava a sorgere, un’ombra li
seguiva da lontano, proiettata dalle rocce come un falco predatore che osserva
la sua preda.
Arrivati al Cairo, Alexander e Miriam raggiunsero la vecchia
villa di Alistair. Era una struttura decadente, con finestre sbarrate e una
vegetazione che sembrava aver inghiottito le mura. Quando bussarono alla
pesante porta di legno, furono accolti da un uomo alto e snello, con occhi che
brillavano di un’intelligenza inquietante.
«Alexander, che piacevole sorpresa,» disse Alistair con un
sorriso ambiguo. «Sapevo che prima o poi saresti venuto a cercarmi. Tuo padre parlava
spesso di te.»
Alexander lo fissò, incapace di decifrare il tono dell’uomo.
«Sai perché sono qui, Alistair.»
«Oh, certo.» L’occultista fece un cenno e li fece accomodare
in uno studio ricco di libri polverosi e artefatti bizzarri. «Dimmi tutto. E
poi lasciami vedere la pergamena.»
Con riluttanza, Alexander tirò fuori il documento e lo posò
sul tavolo. Alistair lo osservò a lungo, come se stesse comunicando con
qualcosa di invisibile. Poi alzò lo sguardo verso Alexander e Miriam, e la sua
espressione si fece seria.
«Quello che avete trovato è una maledizione legata a
un’antica setta chiamata I Figli dell’Ombra. Zahur-Re non era un essere
umano, era il nome di un’entità evocata dai sacerdoti per proteggere il regno
del faraone, un demone legato al mondo dei morti. Se avete risvegliato la sua
attenzione, allora temo che la vostra anima sia già segnata.»
Un silenzio opprimente calò nella stanza, mentre Alexander
sentiva il gelo della paura insinuarsi dentro di lui.
III
Il respiro di Alexander si fece corto mentre cercava di
assimilare le parole di Alistair. Il demone Zahur-Re, il custode della tomba. Se
ciò che diceva l’occultista era vero, allora non avevano a che fare solo con un
guardiano simbolico, ma con una forza sovrannaturale scatenata dal loro stesso
ritrovamento.
«Come possiamo fermarlo?» chiese Miriam, il volto pallido e
teso. «Esiste un modo per spezzare la maledizione?»
Alistair si allontanò dal tavolo, sfiorando con le dita
un’antica mappa del Nilo appesa al muro. «Non si può spezzare qualcosa che è
stato creato con la morte e il sangue di migliaia di persone, mia cara. Ma
forse c’è un modo per placare Zahur-Re e rimandarlo nel suo regno.»
Alexander si protese in avanti, speranza e disperazione che
lottavano dentro di lui. «Che cosa dobbiamo fare?»
L’occultista si voltò e i suoi occhi parvero brillare nella
penombra. «Nella parte più profonda della tomba di Nebkaure, oltre la camera
sepolcrale, c’è un luogo che nessuno ha mai visto. Una seconda stanza nascosta
che ospita il Cuore del Faraone.»
«Il Cuore del Faraone?» ripeté Alexander. «Di cosa si
tratta?»
«Non è un organo fisico,» spiegò Alistair, sollevando un
libro dall’aria sinistra e sfogliandolo lentamente. «Si tratta di un artefatto
creato durante il regno di Nebkaure. Un oggetto di pura energia spirituale che
contiene l’essenza del faraone e dei suoi seguaci. Quando i sacerdoti di
Zahur-Re sigillarono la tomba, legarono il Cuore all’anima del demone. È il suo
legame con il mondo dei vivi. Per spezzare questo vincolo, dovrete distruggere
l’artefatto: ma nessuno sa come fare. Le antiche iscrizioni parlano di un
rituale specifico, ma nessuno l’ha mai tentato.»
Alexander osservò la pergamena. «E se questa contenesse le
istruzioni?»
Alistair annuì lentamente. «Potrebbe essere. Ma sappi che
non sarà facile. Il Cuore del Faraone è protetto dalle anime dei morti, coloro
che Zahur-Re ha maledetto affinché vaghino per l’eternità. Se entrerai lì
dentro senza essere preparato, rischierai di essere intrappolato per sempre.»
Il silenzio nella stanza divenne pesante. Alexander sapeva
di non avere scelta. La sua sete di verità, insieme alla promessa fatta al
padre, lo costringeva a tentare l’impossibile. Ma Miriam, che lo osservava con
occhi lucidi, scosse la testa.
«Non puoi farlo da solo, Alexander. Ti aiuterò.»
«No, Miriam, è troppo pericoloso,» protestò lui. «Non posso
permettere che ti accada qualcosa.»
«Non sono venuta fin qui per arrendermi davanti a una
minaccia,» replicò lei con tono fermo. «Tuo padre era anche il mio mentore, e
se c’è un modo per fermare questa maledizione, lo troveremo insieme.»
Alexander la fissò per un lungo momento, poi annuì. «Va
bene. Lo faremo insieme.»
Due giorni dopo, sotto un cielo nero e minaccioso, tornarono
nella Valle dei Re. Il vento ululava tra le rocce, sollevando nuvole di sabbia
e cenere. Ogni ombra sembrava allungarsi e distorcersi come se li seguisse, e
la sensazione di essere osservati li opprimeva.
Alexander e Miriam raggiunsero nuovamente l’ingresso della
tomba di Nebkaure. Stavolta erano preparati. Alistair li aveva equipaggiati con
amuleti di protezione, torce speciali e antichi incantesimi scritti su
pergamene per tenere a bada le anime dannate.
Il passaggio segreto si aprì ancora una volta, e una brezza
gelida li avvolse, come il respiro di un’antica creatura. Con cautela, si
inoltrarono nel corridoio principale, avanzando verso la camera sepolcrale. La
figura del Guardiano dell’Ombra era scomparsa, ma il sarcofago di Nebkaure
dominava ancora la stanza con la sua imponente presenza.
«Deve esserci un ingresso nascosto per la seconda camera,»
disse Alexander, illuminando le pareti con la torcia. «Qualcosa che non abbiamo
notato l’altra volta.»
Si avvicinò alla statua del faraone, esaminandone i
dettagli. Notò un simbolo inciso sulla base del piedistallo: un occhio
circondato da fiamme. Sapeva cosa significava. L’Occhio di Zahur-Re: un sigillo
che avrebbe dovuto rimanere nascosto per sempre.
Premette delicatamente il simbolo, e una sezione del
pavimento iniziò a scivolare, rivelando una scala a chiocciola che scendeva
nell’oscurità più profonda. Alexander si scambiò uno sguardo con Miriam.
«Questa è l’ultima occasione per tornare indietro,» disse
lei con un mezzo sorriso. «Ma so già cosa risponderai.»
«Non siamo venuti fin qui per arrenderci,» rispose lui. E
così iniziarono a scendere.
La scala li condusse a una stanza sotterranea che sembrava
esistere fuori dal tempo. Le pareti erano ricoperte da simboli luminosi, che
pulsavano come vene di luce cremisi. Al centro della stanza, una sfera sospesa
a mezz’aria emanava un bagliore inquietante. Dentro di essa, sembrava agitarsi
un liquido nero come la pece.
Alexander avanzò con cautela. «Il Cuore del Faraone»
sussurrò, sentendo un senso di terrore puro invaderlo. «È vivo.»
D’improvviso, la stanza si riempì di un suono simile a un
lamento collettivo. Decine di ombre emersero dalle pareti, anime perdute con
volti contorti dal dolore. Miriam gridò, sollevando uno degli amuleti di
protezione. Le entità si fermarono, come trattenute da una barriera invisibile,
ma continuarono a girare attorno a loro con movimenti agili e innaturali.
«Fa’ in fretta, Alexander!» urlò lei.
Alexander afferrò la pergamena e cominciò a leggere
l’incantesimo che Alistair aveva decifrato per lui. La lingua arcana usciva a
fatica dalle sue labbra, ma sentì il Cuore del Faraone pulsare violentemente.
La sfera iniziò a crepitare, come se stesse per esplodere.
Le anime gridarono in agonia, e il pavimento sotto di loro
tremò. Ma poi, un’ombra imponente si materializzò davanti al Cuore. Zahur-Re
apparve, alto e terribile, con occhi fiammeggianti di odio. Il demone sollevò
una mano, e Alexander fu scagliato contro il muro con una forza sovrumana.
«Sciocco mortale,» tuonò Zahur-Re. «Hai osato sfidare il
custode delle anime. Ora, pagherai con la tua stessa vita.»
Alexander si rialzò, il corpo dolorante, ma la
determinazione intatta. Sollevò la pergamena e continuò a recitare l’incantesimo.
La luce attorno al Cuore aumentò, e una crepa apparve sulla superficie della
sfera.
Zahur-Re ruggì di rabbia e avanzò verso di lui, ma Miriam si
frappose tra loro, stringendo l’amuleto di protezione. «Non passerai, demone!»
Con un ruggito furioso, Zahur-Re sollevò una tempesta di
sabbia e ombra, ma l’amuleto di Miriam emise un bagliore accecante che lo
costrinse a indietreggiare. Era il momento. Alexander sollevò un antico
pugnale, ricavato da un frammento di pietra sacra, e lo conficcò nel Cuore del
Faraone.
La sfera esplose in un lampo di luce e oscurità, e Zahur-Re
emise un grido disumano, mentre il suo corpo iniziava a dissolversi.
IV
La luce del Cuore del Faraone svanì in un’esplosione
silenziosa, come una stella che si spegne nel vuoto dell’universo. L’urlo di
Zahur-Re si attenuò, trasformandosi in un sussurro soffocato. Il demone, un
tempo possente e terribile, si disgregò in una polvere nera che fu risucchiata
nel vortice di ombre. Le anime dei morti, che avevano assistito con occhi vacui
al rituale, iniziarono a dissolversi, liberate dalla loro prigionia eterna.
Alexander rimase immobile, il respiro affannato,
mentre osservava ciò che rimaneva della sfera: frammenti di cristallo annerito
e il pugnale sacro piantato al centro, ormai privato di ogni potere. Zahur-Re
era stato sconfitto. L’incantesimo spezzato.
Miriam lo raggiunse, il volto pallido ma illuminato da
un sorriso stanco. «Ci sei riuscito, Alexander. Hai distrutto il legame con
questo mondo.»
Alexander abbassò lo sguardo sulla pergamena ormai
inerte. «Non ci sono riuscito da solo,» mormorò. «Tu hai tenuto a bada Zahur-Re.
Senza di te, sarei morto o peggio.»
Il silenzio nella camera era palpabile. La stanza, un
tempo permeata da un’aura maligna, sembrava ora un luogo di pace. Le pareti non
pulsavano più di energia oscura, e il soffitto, per la prima volta, lasciava
intravedere piccole fessure attraverso cui filtrava la luce del sole mattutino.
«Dobbiamo andare,» disse Miriam, rompendo l’incanto
del momento. «Prima che la tomba collassi o che qualcosa di più oscuro si
risvegli.»
Alexander annuì e raccolse gli strumenti. L’amuleto di
Miriam non emanava più la sua aura protettiva, e anche gli antichi incantesimi
che avevano portato sembravano privi di energia. Era come se tutto ciò che
fosse legato al demone fosse svanito, lasciando la tomba vuota e spoglia.
Salirono rapidamente la scala e attraversarono il
passaggio segreto. Quando riemersero nella camera sepolcrale principale, le
tenebre che avvolgevano il sarcofago di Nebkaure erano svanite. Il faraone
poteva finalmente riposare in pace.
Alexander si girò un’ultima volta prima di uscire. «Mi
dispiace per ciò che è successo, ma ora è finita.» Si rivolse a Miriam, con
un’ombra di tristezza negli occhi. «Lascio che questa tomba sia dimenticata.
Non ci saranno più profanazioni o ricerche. Nebkaure e il suo popolo meritano
di essere lasciati in pace.»
Quando finalmente raggiunsero l’uscita della tomba,
furono accolti dal sole brillante del mattino. L’aria fresca riempì i loro
polmoni, e Alexander provò un sollievo che non credeva possibile. Il deserto,
che un tempo era parso un luogo di morte e mistero, ora sembrava respirare
insieme a loro.
Salirono sul vecchio fuoristrada e si diressero verso
il Cairo. Durante il viaggio, Miriam guardò Alexander, la fronte ancora solcata
da rughe di preoccupazione.
«Cosa farai ora?» gli chiese.
Lui fissò il deserto che scorreva accanto, come un
mare di sabbia infinita. «Tornerò a casa. Forse scriverò un libro o forse no.
La verità è che non importa cosa dirò o cosa scriverò. Nessuno capirebbe
davvero ciò che abbiamo vissuto.»
«Ma tu lo capisci,» rispose Miriam. «E questo conta.»
Alexander annuì lentamente. «Sì, lo capisco. E sai
cosa ho imparato? A volte, alcune verità devono rimanere sepolte. Non tutto ciò
che è nascosto nel passato deve essere riportato alla luce. Il potere, la conoscenza…
possono corrompere anche i cuori più puri.»
Miriam posò una mano sulla sua. «Hai spezzato una
maledizione, Alexander. Tuo padre sarebbe fiero di te.»
Un sorriso amaro si dipinse sul volto di Alexander.
«Forse sì. Ma se fosse ancora vivo, mi direbbe che non c’è gloria nel
risvegliare forze che non comprendiamo. Mi direbbe di lasciar perdere, di
dedicarmi a scoperte che possano aiutare l’umanità, non a inseguire leggende
che rischiano di distruggerci.»
Rimasero in silenzio mentre le dune passavano accanto
a loro, ondeggianti sotto il sole cocente. La strada verso il Cairo era ancora
lunga, ma Alexander sapeva che, a differenza di quanto era successo a suo
padre, lui sarebbe tornato.
Si voltò verso Miriam e, per la prima volta, sentì una
calma autentica invaderlo. «Sai, Miriam, c’è un’altra tomba che avrei voluto
esplorare. A Giza, dicono che ci sia un passaggio segreto sotto la Sfinge».
Lei lo interruppe con un sorriso radioso. «Solo se mi
prometti che questa volta non risveglieremo nessun demone antico.»
Alexander rise e annuì. «Promesso. Solo sabbia e
pietre, nulla di più.»
Con questa promessa, ripresero la strada, lasciandosi
alle spalle la Valle dei Re e i suoi segreti sepolti. E mentre il sole
tramontava all’orizzonte, Alexander sentì che, per la prima volta, il peso del
passato iniziava a sollevarsi dalle sue spalle. Forse non tutte le ombre erano
destinate a perseguitare per sempre chi le aveva sfidate.
La Valle poteva tornare a dormire, e così anche il suo
cuore.
Beautiful post
RispondiEliminaThank you
EliminaHai smosso i faraoni e resuscitato mummie e fantasmi!!.. ahah.. Rajani è un fenomeno da studiare.. a mio avviso un'Intelligenza Artificiale che genera un blog (il suo) di ovvietà riscuotendo pure svariati consensi e tempestando a pioggia, immagino, un'infinità di blog scrivendo solo frasi fatte smosse probabilmente da un algoritmo ben instradato.. poi magari toppo alla grande e dopodomani con Rajani ci esci pure a cena.. ahah.. comunque a breve ti leggo tutta la narrazione anche io (ma per davvero!)
EliminaBuona serata!
Rajani è approdata sul mio blog. Avrò sbagliato ad accettare il suo commento?
EliminaSono finito in spam?
RispondiEliminaAssolutamente no! Sto avendo problemi con il pc, con la connessione e ora anche con la schiena.
EliminaSi bel post mi aggiungo a Rajani.
RispondiEliminaPerò credo che vi sono dei fatti ancora non scoperti che ci dicono molte cose, ed un grazie a tutte quelle persone che sono intrapendenti nelle loro ricerche.
Sai Giuseppe chi commenta si considera una persona banale, dunque il mio commento può essere considerato tale.
Parlo da credente.
Su questo pianeta, c'è la risposta ........ chi siamo e da dove veniamo. Tutto questo che vediamo non è un caso, ove fosse un caso non possiamo non dire che è un caso intelligente
È vero, la curiosità e la ricerca di risposte profonde ci spinge a esplorare il senso della nostra esistenza. E aggiungo: guai non fosse così! Grazie mille!
EliminaL'anno è quello in cui fu scoperta la tomba di Tutankhamon ma tutto il resto sembra la sceneggiatura di un nuovo film "la mummia " di 😉
RispondiEliminaPotrebbe essere!
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