venerdì 4 ottobre 2024

Il segreto del Bibliotecario. Parte II

"La vera battaglia è quella che si combatte ogni giorno, dentro di noi"


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I

 

Nei giorni successivi, l’abate visse in uno stato di profonda inquietudine. Ogni angolo del monastero sembrava pulsare di un'energia oscura, e l'aria era carica di un silenzio inquietante. Si sentiva sempre più isolato, non solo dai suoi confratelli, ma anche da se stesso. La voce di Fra Matteo risuonava costantemente nella sua mente, come un eco di una verità scomoda che non poteva ignorare.

Le sue notti erano tormentate da incubi, visioni di tenebre e di figure che danzavano tra le ombre. Ogni volta che chiudeva gli occhi, si ritrovava di fronte all’ombra di Fra Matteo, che lo osservava con un sorriso beffardo, come se sapesse qualcosa che l’abate ignorava. La sua coscienza era un campo di battaglia, e l’oscurità si stava insinuando sempre più in profondità.

Un giorno, mentre passeggiava nel giardino del monastero, l’abate incontrò Fra Luca. Il giovane monaco, ancora pallido e visibilmente provato, stava cercando di trovare conforto nella natura, ma il suo sguardo tradiva una certa inquietudine. “Abate,” disse con voce tremante, “sento che qualcosa non va. Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che siamo osservati.”

L’abate si fermò, il cuore che batteva forte. “Non sei l’unico a sentirlo,” rispose, cercando di mascherare la sua angoscia. “Ma dobbiamo mantenere la calma. La fede ci guiderà.”

Fra Luca lo guardò intensamente. “E se la fede non bastasse? Cosa faremo se il male si risveglia di nuovo?”

L’abate non sapeva come rispondere. La verità era che la fede sembrava più fragile di quanto avesse mai creduto. Doveva affrontare la sua nuova realtà, il segreto che ora portava dentro di sé.

Nei giorni seguenti, l’abate decise di investigare. Iniziò a visitare le stanze dimenticate del monastero, cercando tracce di ciò che poteva aver alimentato l’oscurità. Durante una di queste esplorazioni, scoprì una porta nascosta nel corridoio del soppalco, un varco che sembrava condurre a una cripta dimenticata. Spinto da una curiosità irrefrenabile, la aprì.

La cripta era buia e umida, con una serie di antiche tombe che giacevano inerti. Sulle pareti, scritture dimenticate parlavano di riti e di antichi culti dedicati a forze oscure. L’abate si sentì sopraffatto dall’orrore e dalla meraviglia, le parole scritte sembravano raccontare la storia di un male che si era annidato nel monastero per secoli.

Mentre esaminava un antico sigillo, una presenza fredda si fece sentire dietro di lui. Voltandosi, si trovò di fronte a un’ombra, simile a quella di Fra Matteo. Ma questa volta non era solo una visione; era un'entità tangibile, un eco delle forze che aveva cercato di combattere. “Hai aperto la porta del passato,” sussurrò la creatura, il suo tono melodioso e inquietante. “E ora conosci la verità. Questo luogo è intriso di oscurità, e sei stato scelto per essere il suo custode.”

“Non ti servirò,” rispose l’abate, la voce tremante, ma determinata. “Non permetterò che tu prenda il controllo.”

L’ombra sorrise, un sorriso che sembrava fondersi con le tenebre. “Hai già ceduto, abate. Il tuo legame con Fra Matteo ti ha segnato. Ora, per liberarti, dovrai affrontare le tue paure più profonde.”

Con un gesto, l’entità svanì, lasciando l’abate solo nella cripta, il cuore che batteva forte. Comprendeva che la sua battaglia non era solo contro un male esterno, ma anche contro le ombre dentro di sé. Sapeva che doveva confrontarsi con la sua nuova realtà e trovare il modo di liberarsi da quel peso oscuro.

Nelle notti che seguirono, l’abate tornò spesso nella cripta, cercando risposte tra le ombre. Si immerse nello studio dei testi antichi, scoprendo rituali e incantesimi che avrebbero potuto aiutarlo a combattere il male. Ma ogni volta che si immergeva in quella conoscenza, sentiva la voce di Fra Matteo ridere in lontananza, come se il suo destino fosse già scritto.

Mentre la tensione cresceva tra i monaci, l’abate capì che non poteva affrontare questa battaglia da solo. Doveva coinvolgere i suoi confratelli, farli partecipare alla ricerca della verità. Decise di riunirli e rivelare ciò che aveva scoperto, pur sapendo che il panico e la sfiducia avrebbero potuto travolgerli.

“Fratelli,” iniziò con voce ferma, ma tremante, “c’è un male antico che ci osserva e che potrebbe risvegliarsi. Dobbiamo unirci per affrontarlo, prima che sia troppo tardi.”

Le reazioni furono miste: alcuni monaci si mostrarono scettici, mentre altri, colpiti dal suo ardore, iniziarono a credere che l’abate avesse ragione. L’unità d’intenti si formò lentamente, e il monastero divenne un luogo di vigilanza e preparazione.

Ma il male, astuto e subdolo, continuava a muoversi nelle ombre, pronto a cogliere l’occasione per corrompere e distruggere.

Con determinazione rinnovata, l’abate si preparò per la battaglia finale, consapevole che non solo il destino del monastero, ma anche il suo stesso destino, dipendeva da ciò che sarebbe accaduto nei prossimi giorni.

 

II

 

La notte scese sul monastero, avvolgendo tutto in un silenzio opprimente. L’abate si trovava nella grande sala, il cuore in tumulto. Aveva preparato un rituale sacro per affrontare l’oscurità che minacciava di inghiottire le anime dei monaci. L’aria era carica di tensione, e un brivido percorse la sua schiena mentre si avvicinava all’altare.

Il cerchio di candele brillava, illuminando i volti ansiosi dei monaci raccolti intorno. Ogni sguardo era rivolto a lui, come se aspettassero che la sua forza guidasse la loro fede. “Oggi affronteremo il male che si è insinuato tra di noi,” annunciò l’abate, la voce ferma ma segnata dalla paura. “Non siamo soli. La luce della nostra fede ci guiderà.”

Mentre iniziava a recitare le antiche invocazioni, l’oscurità sembrò muoversi, come se avesse una volontà propria. Un vento gelido soffiò nella stanza, spegnendo le candele e avvolgendo i monaci in una tenebra inquietante. “Tu non puoi sconfiggermi,” rimbombò la voce di Fra Matteo, riecheggiando tra le pareti. “Io sono parte di questo luogo, parte di te.”

L’abate si sentì vacillare. La figura di Fra Matteo apparve davanti a lui, avvolta da un’aura oscura, con gli occhi che brillavano di un’intensa malvagità. “Hai sempre cercato di fermarmi, ma il male non può essere distrutto. Si nutre della tua paura.”

Con un grido, l’abate afferrò la reliquia della Vera Croce e la sollevò in alto, una luce brillante esplose, dissipando momentaneamente le ombre. “Non hai potere su di me, Fra Matteo. La mia fede è più forte delle tue menzogne!”

Ma l’oscurità non si fermò. L’entità si avvicinò, e l’abate sentì un terrore profondo afferrarlo. “Non puoi salvarlo,” sibilò Fra Matteo. “Fra Luca è perduto per sempre.”

Proprio in quel momento, un debole gemito si udì da dietro l’altare. L’abate si voltò e vide Fra Luca, ancora privo di coscienza, il suo corpo tremante come se stesse lottando contro un incubo. “Fra Luca!” esclamò, correndo verso di lui. “Svegliati!”

Concentrandosi sulla luce della croce, l’abate si inginocchiò accanto al giovane monaco, poggiando la reliquia sul suo petto. “Ti prego, Fra Luca, torna da noi! La tua forza è la chiave!”

La luce si intensificò, e improvvisamente gli occhi di Fra Luca si aprirono, riflettendo una chiarezza sorprendente. “Abate…” sussurrò, la sua voce tremante. “Sento… sento il male. È in noi.”

L’abate lo guardò con speranza. “Siamo qui per combatterlo. Insieme, possiamo sconfiggerlo!”

Fra Luca, ora completamente cosciente, si sollevò con fatica. “Dobbiamo unirci. Solo così possiamo estirpare questa oscurità.”

L’entità, visibilmente infastidita, avanzò verso di loro, la sua presenza opprimente si faceva sempre più forte. “Non potete sfuggirmi,” ringhiò. “Sono parte della vostra debolezza.”

Ma Fra Luca e l’abate si unirono, le mani strette attorno alla reliquia. “La nostra fede è più forte della tua oscurità!” urlarono in coro, e la luce della croce esplose, irradiandosi in ogni direzione.

L’oscurità si contorse, le urla di Fra Matteo risuonarono come echi in lontananza. “Non è finita! Tornerò!”

Ma il potere della fede li avvolse, e in un lampo di luce abbagliante, l’entità si dissolse, lasciando solo un silenzio profondo e inquietante.

 

III

 

La luce della croce avvolse il monastero, illuminando ogni angolo oscuro. L'abate e Fra Luca si sentirono sollevati, come se un peso immenso fosse stato rimosso dalle loro spalle. L'oscurità che un tempo aveva minacciato le loro vite ora si dissolse, svanendo nell'aria rarefatta.

Mentre il silenzio avvolgeva la grande sala, l’abate e Fra Luca rimasero in ginocchio, il cuore che batteva all'unisono. “Abbiamo vinto,” sussurrò Fra Luca, incredulo. “Ma a che prezzo?”

L’abate si alzò, la luce della croce ancora pulsante tra le sue mani. “Il male può essere sconfitto,” disse, la voce ferma. “Ma dobbiamo sempre rimanere vigili. La vera battaglia è quella che si combatte ogni giorno, dentro di noi.”

Intorno a loro, i monaci si avvicinarono cautamente, i volti illuminati dalla speranza e dall’ammirazione. Avevano assistito a un miracolo, alla vittoria del bene sul male, e sentivano un rinnovato spirito di comunità.

L'abate, con uno sguardo d’incoraggiamento, parlò al gruppo riunito. “Oggi abbiamo dimostrato che la luce della nostra fede può sconfiggere anche l’oscurità più profonda. Dobbiamo continuare a pregare, a rimanere uniti e a sostenere l'uno l'altro. Non possiamo permettere che la paura ci divida.”

Fra Luca si alzò, ancora visibilmente scosso, ma con una luce nuova nei suoi occhi. “Non è solo il nostro monastero a essere stato liberato. Siamo stati liberati dai nostri stessi dubbi e paure. Dobbiamo portare questa luce nel mondo esterno, condividerla con coloro che ne hanno bisogno.”

Il messaggio dell'abate e di Fra Luca colpì profondamente gli altri monaci. Si sentivano ispirati a riprendere le loro vite, non solo come servitori di Dio, ma come portatori di luce in un mondo che spesso si perdeva nell’oscurità.

Nei giorni e nelle settimane seguenti, il monastero divenne un luogo di rinnovamento e di guarigione. Le preghiere risuonavano con più intensità, i canti erano più melodiosi, e un senso di pace pervadeva l’aria.

L’abate e Fra Luca lavorarono insieme per ripristinare il monastero, trasformando le aree un tempo avvolte dall’oscurità in spazi di luce e calore. Organizzarono incontri e momenti di riflessione, invitando anche coloro che vivevano nei villaggi circostanti a unirsi a loro, creando così una comunità di sostegno e amore.

Un giorno, mentre l'abate contemplava il giardino del monastero, ora fiorito e vivace, sentì una presenza familiare al suo fianco. Era Fra Luca, che lo osservava con un sorriso sereno. “Hai visto? La luce ha riportato la vita. Abbiamo vinto, ma la nostra missione non è finita.”

“Esatto,” rispose l’abate. “Il bene deve essere coltivato ogni giorno. Dobbiamo continuare a proteggere questa luce e ad affrontare le sfide con fede e coraggio.”

Con il sole che splendeva alto nel cielo, l’abate e Fra Luca si voltarono verso il monastero, ora un faro di speranza. La battaglia era stata vinta, ma il viaggio verso una vita di amore e di luce era appena iniziato.

6 commenti:

  1. La luce.
    Il detto di mia nonna
    Monte Tabor, la luce nasce da lì nn dimenticare bimbo

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    1. La luce che nasce dal Monte Tabor è un’immagine potente e simbolica. Anche nei momenti più bui, possiamo sempre trovare una fonte di speranza e guida, proprio come la luce del monte. Ciao!

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  2. Come avevo commentato nella parte I , ribadisco il concetto che l'autore avesse volutamente lasciare in sospeso il racconto, lasciarlo appunto senza un finale per farne un seguito come appunto si evince oggi qui in questa parte II . Ebbene si, questa volta la luce e l'amore hanno vinto il male. Ma quanto durerà? Perché secondo me ancora una volta l'autore ci stupirà con la parte III. Chissà? Magari mi sbaglierò, ma nel dubbio permettetemi di lasciarvi con un famoso detto: " non c'è due senza tre!"
    Costa86

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    1. Ciao Costa. Grazie per il tuo commento, ma questa volta il racconto finisce qui. Non ci sarà una terza parte! Buon pomeriggio!

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  3. Ho letto ieri tutto assieme il racconto diviso in due parti.
    Nel durante facevo lettura , avvertivo un senso di " angoscia ":) per la ripetitività di un male di cui sin da subito era difficile decifrarne l'origine e più ci si allontanavano sin dall'inizio
    quei pochi pensando di averlo sconfitto, più il male si estendeva, coinvolgendo alla fine tutti coloro che abitavano nell'intero monastero.

    La consapevolezza del male si faceva spazio e assumeva forma dapprima verso ciò che si manifestava all'esterno e ogni qualvolta lo si cercava di combattere , il male riprendeva forma ,ne fu prova il murare quella parte di biblioteca ,senza riuscire a contenerlo e isolarlo.

    La consapevolezza diventa tale nell'atto di coscienza di una mancanza di luce interiore .Quasi come a rimanere intrappolati dentro ad un buio ,chiusi a chiave dall'esterno dove per uscirne era impossibile sforzarsi da soli ,anzi più l'agitazione e la paura ne prendevano sopravvento , più il buio si infittiva.

    Solo con l'ascolto e la fede nell'Altro ,la porta si riapre esternamente e illumina l'interno .

    Siamo noi stessi a sentire l'oppressione del buio e del male ,quando la bellezza della luce e del bene ci manca dentro o ce ne allontaniamo.

    ..e qui ci sarebbe anche un collegamento a S.Agostino .

    Il finale merita una rilettura perché qui sento un messaggio inequivocabile,che riassume bene il racconto delle storia con una trasposizione ambientata nella dimora della nostra anima .

    “Oggi abbiamo dimostrato che la luce della nostra fede può sconfiggere anche l’oscurità più profonda. Dobbiamo continuare a pregare, a rimanere uniti e a sostenerci l'uno l'altro. Non possiamo permettere che la paura ci divida.

    Il bene deve essere coltivato ogni giorno. Dobbiamo continuare a proteggere questa luce e ad affrontare le sfide con fede e coraggio.”

    Buona serata

    L.

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    1. Hai colto perfettamente l'essenza del racconto, mettendo in luce l'angoscia e la difficoltà di affrontare un male che sembra perpetuo e inarrestabile. La tua riflessione sulla mancanza di luce interiore è profonda e toccante. L'idea che solo attraverso la fede e l'ascolto si possa trovare una via d'uscita dal buio è particolarmente potente. Il richiamo a Sant' Agostino e l'importanza della comunità nel superare le sfide conferiscono al finale una grande forza, sottolineando che il bene va costantemente coltivato. Grazie mille per il tuo commento!

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