"La vera battaglia è quella che si combatte ogni giorno, dentro di noi"
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I
Nei giorni successivi, l’abate visse in uno stato di profonda inquietudine. Ogni angolo del monastero sembrava pulsare di un'energia oscura, e l'aria era carica di un silenzio inquietante. Si sentiva sempre più isolato, non solo dai suoi confratelli, ma anche da se stesso. La voce di Fra Matteo risuonava costantemente nella sua mente, come un eco di una verità scomoda che non poteva ignorare.
Le sue notti erano tormentate da incubi, visioni di
tenebre e di figure che danzavano tra le ombre. Ogni volta che chiudeva gli
occhi, si ritrovava di fronte all’ombra di Fra Matteo, che lo osservava con un
sorriso beffardo, come se sapesse qualcosa che l’abate ignorava. La sua
coscienza era un campo di battaglia, e l’oscurità si stava insinuando sempre
più in profondità.
Un giorno, mentre passeggiava nel giardino del
monastero, l’abate incontrò Fra Luca. Il giovane monaco, ancora pallido e
visibilmente provato, stava cercando di trovare conforto nella natura, ma il
suo sguardo tradiva una certa inquietudine. “Abate,” disse con voce tremante,
“sento che qualcosa non va. Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che
siamo osservati.”
L’abate si fermò, il cuore che batteva forte. “Non sei
l’unico a sentirlo,” rispose, cercando di mascherare la sua angoscia. “Ma
dobbiamo mantenere la calma. La fede ci guiderà.”
Fra Luca lo guardò intensamente. “E se la fede non
bastasse? Cosa faremo se il male si risveglia di nuovo?”
L’abate non sapeva come rispondere. La verità era che
la fede sembrava più fragile di quanto avesse mai creduto. Doveva affrontare la
sua nuova realtà, il segreto che ora portava dentro di sé.
Nei giorni seguenti, l’abate decise di investigare.
Iniziò a visitare le stanze dimenticate del monastero, cercando tracce di ciò
che poteva aver alimentato l’oscurità. Durante una di queste esplorazioni, scoprì
una porta nascosta nel corridoio del soppalco, un varco che sembrava condurre a
una cripta dimenticata. Spinto da una curiosità irrefrenabile, la aprì.
La cripta era buia e umida, con una serie di antiche
tombe che giacevano inerti. Sulle pareti, scritture dimenticate parlavano di
riti e di antichi culti dedicati a forze oscure. L’abate si sentì sopraffatto
dall’orrore e dalla meraviglia, le parole scritte sembravano raccontare la
storia di un male che si era annidato nel monastero per secoli.
Mentre esaminava un antico sigillo, una presenza
fredda si fece sentire dietro di lui. Voltandosi, si trovò di fronte a
un’ombra, simile a quella di Fra Matteo. Ma questa volta non era solo una
visione; era un'entità tangibile, un eco delle forze che aveva cercato di
combattere. “Hai aperto la porta del passato,” sussurrò la creatura, il suo
tono melodioso e inquietante. “E ora conosci la verità. Questo luogo è intriso
di oscurità, e sei stato scelto per essere il suo custode.”
“Non ti servirò,” rispose l’abate, la voce tremante,
ma determinata. “Non permetterò che tu prenda il controllo.”
L’ombra sorrise, un sorriso che sembrava fondersi con
le tenebre. “Hai già ceduto, abate. Il tuo legame con Fra Matteo ti ha segnato.
Ora, per liberarti, dovrai affrontare le tue paure più profonde.”
Con un gesto, l’entità svanì, lasciando l’abate solo
nella cripta, il cuore che batteva forte. Comprendeva che la sua battaglia non
era solo contro un male esterno, ma anche contro le ombre dentro di sé. Sapeva
che doveva confrontarsi con la sua nuova realtà e trovare il modo di liberarsi
da quel peso oscuro.
Nelle notti che seguirono, l’abate tornò spesso nella
cripta, cercando risposte tra le ombre. Si immerse nello studio dei testi
antichi, scoprendo rituali e incantesimi che avrebbero potuto aiutarlo a combattere
il male. Ma ogni volta che si immergeva in quella conoscenza, sentiva la voce
di Fra Matteo ridere in lontananza, come se il suo destino fosse già scritto.
Mentre la tensione cresceva tra i monaci, l’abate capì
che non poteva affrontare questa battaglia da solo. Doveva coinvolgere i suoi
confratelli, farli partecipare alla ricerca della verità. Decise di riunirli e
rivelare ciò che aveva scoperto, pur sapendo che il panico e la sfiducia
avrebbero potuto travolgerli.
“Fratelli,” iniziò con voce ferma, ma tremante, “c’è
un male antico che ci osserva e che potrebbe risvegliarsi. Dobbiamo unirci per
affrontarlo, prima che sia troppo tardi.”
Le reazioni furono miste: alcuni monaci si mostrarono
scettici, mentre altri, colpiti dal suo ardore, iniziarono a credere che
l’abate avesse ragione. L’unità d’intenti si formò lentamente, e il monastero
divenne un luogo di vigilanza e preparazione.
Ma il male, astuto e subdolo, continuava a muoversi
nelle ombre, pronto a cogliere l’occasione per corrompere e distruggere.
Con determinazione rinnovata, l’abate si preparò per
la battaglia finale, consapevole che non solo il destino del monastero, ma
anche il suo stesso destino, dipendeva da ciò che sarebbe accaduto nei prossimi
giorni.
II
La notte scese sul monastero, avvolgendo tutto in un
silenzio opprimente. L’abate si trovava nella grande sala, il cuore in tumulto.
Aveva preparato un rituale sacro per affrontare l’oscurità che minacciava di
inghiottire le anime dei monaci. L’aria era carica di tensione, e un brivido percorse
la sua schiena mentre si avvicinava all’altare.
Il cerchio di candele brillava, illuminando i volti
ansiosi dei monaci raccolti intorno. Ogni sguardo era rivolto a lui, come se
aspettassero che la sua forza guidasse la loro fede. “Oggi affronteremo il male
che si è insinuato tra di noi,” annunciò l’abate, la voce ferma ma segnata
dalla paura. “Non siamo soli. La luce della nostra fede ci guiderà.”
Mentre iniziava a recitare le antiche invocazioni,
l’oscurità sembrò muoversi, come se avesse una volontà propria. Un vento gelido
soffiò nella stanza, spegnendo le candele e avvolgendo i monaci in una tenebra
inquietante. “Tu non puoi sconfiggermi,” rimbombò la voce di Fra Matteo,
riecheggiando tra le pareti. “Io sono parte di questo luogo, parte di te.”
L’abate si sentì vacillare. La figura di Fra Matteo
apparve davanti a lui, avvolta da un’aura oscura, con gli occhi che brillavano
di un’intensa malvagità. “Hai sempre cercato di fermarmi, ma il male non può
essere distrutto. Si nutre della tua paura.”
Con un grido, l’abate afferrò la reliquia della Vera
Croce e la sollevò in alto, una luce brillante esplose, dissipando
momentaneamente le ombre. “Non hai potere su di me, Fra Matteo. La mia fede è
più forte delle tue menzogne!”
Ma l’oscurità non si fermò. L’entità si avvicinò, e
l’abate sentì un terrore profondo afferrarlo. “Non puoi salvarlo,” sibilò Fra
Matteo. “Fra Luca è perduto per sempre.”
Proprio in quel momento, un debole gemito si udì da
dietro l’altare. L’abate si voltò e vide Fra Luca, ancora privo di coscienza,
il suo corpo tremante come se stesse lottando contro un incubo. “Fra Luca!”
esclamò, correndo verso di lui. “Svegliati!”
Concentrandosi sulla luce della croce, l’abate si
inginocchiò accanto al giovane monaco, poggiando la reliquia sul suo petto. “Ti
prego, Fra Luca, torna da noi! La tua forza è la chiave!”
La luce si intensificò, e improvvisamente gli occhi di
Fra Luca si aprirono, riflettendo una chiarezza sorprendente. “Abate…”
sussurrò, la sua voce tremante. “Sento… sento il male. È in noi.”
L’abate lo guardò con speranza. “Siamo qui per
combatterlo. Insieme, possiamo sconfiggerlo!”
Fra Luca, ora completamente cosciente, si sollevò con
fatica. “Dobbiamo unirci. Solo così possiamo estirpare questa oscurità.”
L’entità, visibilmente infastidita, avanzò verso di
loro, la sua presenza opprimente si faceva sempre più forte. “Non potete
sfuggirmi,” ringhiò. “Sono parte della vostra debolezza.”
Ma Fra Luca e l’abate si unirono, le mani strette
attorno alla reliquia. “La nostra fede è più forte della tua oscurità!”
urlarono in coro, e la luce della croce esplose, irradiandosi in ogni
direzione.
L’oscurità si contorse, le urla di Fra Matteo
risuonarono come echi in lontananza. “Non è finita! Tornerò!”
Ma il potere della fede li avvolse, e in un lampo di
luce abbagliante, l’entità si dissolse, lasciando solo un silenzio profondo e
inquietante.
III
La luce della croce avvolse il monastero, illuminando
ogni angolo oscuro. L'abate e Fra Luca si sentirono sollevati, come se un peso
immenso fosse stato rimosso dalle loro spalle. L'oscurità che un tempo aveva
minacciato le loro vite ora si dissolse, svanendo nell'aria rarefatta.
Mentre il silenzio avvolgeva la grande sala, l’abate e
Fra Luca rimasero in ginocchio, il cuore che batteva all'unisono. “Abbiamo
vinto,” sussurrò Fra Luca, incredulo. “Ma a che prezzo?”
L’abate si alzò, la luce della croce ancora pulsante
tra le sue mani. “Il male può essere sconfitto,” disse, la voce ferma. “Ma
dobbiamo sempre rimanere vigili. La vera battaglia è quella che si combatte ogni
giorno, dentro di noi.”
Intorno a loro, i monaci si avvicinarono cautamente, i
volti illuminati dalla speranza e dall’ammirazione. Avevano assistito a un
miracolo, alla vittoria del bene sul male, e sentivano un rinnovato spirito di
comunità.
L'abate, con uno sguardo d’incoraggiamento, parlò al
gruppo riunito. “Oggi abbiamo dimostrato che la luce della nostra fede può
sconfiggere anche l’oscurità più profonda. Dobbiamo continuare a pregare, a
rimanere uniti e a sostenere l'uno l'altro. Non possiamo permettere che la
paura ci divida.”
Fra Luca si alzò, ancora visibilmente scosso, ma con
una luce nuova nei suoi occhi. “Non è solo il nostro monastero a essere stato
liberato. Siamo stati liberati dai nostri stessi dubbi e paure. Dobbiamo
portare questa luce nel mondo esterno, condividerla con coloro che ne hanno
bisogno.”
Il messaggio dell'abate e di Fra Luca colpì
profondamente gli altri monaci. Si sentivano ispirati a riprendere le loro
vite, non solo come servitori di Dio, ma come portatori di luce in un mondo che
spesso si perdeva nell’oscurità.
Nei giorni e nelle settimane seguenti, il monastero
divenne un luogo di rinnovamento e di guarigione. Le preghiere risuonavano con
più intensità, i canti erano più melodiosi, e un senso di pace pervadeva
l’aria.
L’abate e Fra Luca lavorarono insieme per ripristinare
il monastero, trasformando le aree un tempo avvolte dall’oscurità in spazi di
luce e calore. Organizzarono incontri e momenti di riflessione, invitando anche
coloro che vivevano nei villaggi circostanti a unirsi a loro, creando così una
comunità di sostegno e amore.
Un giorno, mentre l'abate contemplava il giardino del
monastero, ora fiorito e vivace, sentì una presenza familiare al suo fianco.
Era Fra Luca, che lo osservava con un sorriso sereno. “Hai visto? La luce ha
riportato la vita. Abbiamo vinto, ma la nostra missione non è finita.”
“Esatto,” rispose l’abate. “Il bene deve essere
coltivato ogni giorno. Dobbiamo continuare a proteggere questa luce e ad
affrontare le sfide con fede e coraggio.”
Con il sole che splendeva alto nel cielo, l’abate e
Fra Luca si voltarono verso il monastero, ora un faro di speranza. La battaglia
era stata vinta, ma il viaggio verso una vita di amore e di luce era appena
iniziato.
La luce.
RispondiEliminaIl detto di mia nonna
Monte Tabor, la luce nasce da lì nn dimenticare bimbo
La luce che nasce dal Monte Tabor è un’immagine potente e simbolica. Anche nei momenti più bui, possiamo sempre trovare una fonte di speranza e guida, proprio come la luce del monte. Ciao!
EliminaCome avevo commentato nella parte I , ribadisco il concetto che l'autore avesse volutamente lasciare in sospeso il racconto, lasciarlo appunto senza un finale per farne un seguito come appunto si evince oggi qui in questa parte II . Ebbene si, questa volta la luce e l'amore hanno vinto il male. Ma quanto durerà? Perché secondo me ancora una volta l'autore ci stupirà con la parte III. Chissà? Magari mi sbaglierò, ma nel dubbio permettetemi di lasciarvi con un famoso detto: " non c'è due senza tre!"
RispondiEliminaCosta86
Ciao Costa. Grazie per il tuo commento, ma questa volta il racconto finisce qui. Non ci sarà una terza parte! Buon pomeriggio!
EliminaHo letto ieri tutto assieme il racconto diviso in due parti.
RispondiEliminaNel durante facevo lettura , avvertivo un senso di " angoscia ":) per la ripetitività di un male di cui sin da subito era difficile decifrarne l'origine e più ci si allontanavano sin dall'inizio
quei pochi pensando di averlo sconfitto, più il male si estendeva, coinvolgendo alla fine tutti coloro che abitavano nell'intero monastero.
La consapevolezza del male si faceva spazio e assumeva forma dapprima verso ciò che si manifestava all'esterno e ogni qualvolta lo si cercava di combattere , il male riprendeva forma ,ne fu prova il murare quella parte di biblioteca ,senza riuscire a contenerlo e isolarlo.
La consapevolezza diventa tale nell'atto di coscienza di una mancanza di luce interiore .Quasi come a rimanere intrappolati dentro ad un buio ,chiusi a chiave dall'esterno dove per uscirne era impossibile sforzarsi da soli ,anzi più l'agitazione e la paura ne prendevano sopravvento , più il buio si infittiva.
Solo con l'ascolto e la fede nell'Altro ,la porta si riapre esternamente e illumina l'interno .
Siamo noi stessi a sentire l'oppressione del buio e del male ,quando la bellezza della luce e del bene ci manca dentro o ce ne allontaniamo.
..e qui ci sarebbe anche un collegamento a S.Agostino .
Il finale merita una rilettura perché qui sento un messaggio inequivocabile,che riassume bene il racconto delle storia con una trasposizione ambientata nella dimora della nostra anima .
“Oggi abbiamo dimostrato che la luce della nostra fede può sconfiggere anche l’oscurità più profonda. Dobbiamo continuare a pregare, a rimanere uniti e a sostenerci l'uno l'altro. Non possiamo permettere che la paura ci divida.
Il bene deve essere coltivato ogni giorno. Dobbiamo continuare a proteggere questa luce e ad affrontare le sfide con fede e coraggio.”
Buona serata
L.
Hai colto perfettamente l'essenza del racconto, mettendo in luce l'angoscia e la difficoltà di affrontare un male che sembra perpetuo e inarrestabile. La tua riflessione sulla mancanza di luce interiore è profonda e toccante. L'idea che solo attraverso la fede e l'ascolto si possa trovare una via d'uscita dal buio è particolarmente potente. Il richiamo a Sant' Agostino e l'importanza della comunità nel superare le sfide conferiscono al finale una grande forza, sottolineando che il bene va costantemente coltivato. Grazie mille per il tuo commento!
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