“Noi non siamo esseri umani che vivono una esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono una esperienza umana.”
L'affermazione di Pierre Teilhard de Chardin ci invita a ribaltare la prospettiva con cui
osserviamo noi stessi e il nostro rapporto con la vita.
Spesso ci identifichiamo con il corpo fisico e con la mente, considerando la spiritualità come qualcosa di esterno a noi, un’esperienza occasionale o un traguardo da raggiungere. Questo approccio riduce la dimensione spirituale a un semplice complemento della nostra esistenza, quasi fosse un’appendice rara e preziosa da esplorare solo in determinati momenti di ricerca interiore. Secondo de Chardin, però, questo è un modo limitato di intendere la nostra vera natura.
L’affermazione dello scrittore e teologo francese ci
suggerisce che la nostra essenza è primariamente spirituale: siamo coscienze
eterne, scintille di un’esistenza che trascende il corpo e il tempo, impegnate
a sperimentare la realtà materiale attraverso l’esperienza umana. Vivere nel
mondo, interagire con le persone, affrontare le sfide della quotidianità –
tutto ciò non è semplicemente "la vita", ma un’occasione per la
nostra anima di imparare, crescere e ricordare la sua origine più profonda.
In quest’ottica, la sofferenza, le gioie, i successi e i
fallimenti che affrontiamo non sono solo episodi di una storia personale, ma
tappe di un viaggio più ampio che ha come scopo ultimo la comprensione e
l’evoluzione spirituale. Siamo qui per sperimentare la densità della materia, i
vincoli del tempo, e le limitazioni dell’ego, ma la nostra vera essenza rimane
al di là di tutto ciò. Quando ci accorgiamo di essere "esseri spirituali
che vivono un’esperienza umana", impariamo a non attaccarci troppo a ciò
che ci accade, a non farci definire dai nostri pensieri o dai nostri corpi.
Invece, iniziamo a percepire la vita con un senso di meraviglia e distacco,
osservando la nostra esistenza con lo stesso stupore di un viaggiatore che
attraversa luoghi sconosciuti.
Questa consapevolezza ci aiuta anche a comprendere meglio
gli altri: se riconosciamo che siamo tutti anime in viaggio, allora è più
facile sviluppare empatia, compassione e un senso di connessione profonda con
chi ci circonda. I confini dell’ego e dell’identità si dissolvono e ci ritroviamo
a condividere una comune essenza, tutti parte di una stessa realtà spirituale.
In definitiva, la frase di Teilhard de Chardin non ci dice
di fuggire dal mondo, ma di guardarlo con occhi nuovi, come un mezzo per
crescere spiritualmente, sapendo che al di là dell’apparenza fisica, delle
difficoltà e delle imperfezioni umane, siamo molto di più: siamo esseri
spirituali che sperimentano questa avventura chiamata vita.
Una disciplina spirituale che può risolversi in vette filosofiche di grande ed efficace saggezza. Siamo purtroppo in una fase dove fisico e mente - anche in campo religioso - vengono attratte da feticci materiali. Dove sperimentiamo tutto meno che il sogno e la leggerezza di spirito, l'anima è qualcosa di tangibile e constatabile. Tutto il mondo che non conosciamo non ha segreti in realtà, l'oltre esiste e lo abbiamo codificato e catalogato. Il mistero e l'impalpabile incutono solo paura, non possono rimanere limitati ad un concetto astratto. Dio non potrebbe fare nulla senza prima avvertirci, perché tutto è stato già scritto.
RispondiEliminaParlando con persone di provata fede e grande cultura religiosa, alla domanda: "Potrebbe venire tra noi un altro Figlio di Dio?" La risposta è solo una: "E perché? Cristo è già venuto". Ormai sono loro a dettare le regole. L'anima di questi soggetti non ha più nulla da imparare e il loro mondo ha confini ben precisi, sia nell'aldiqua che nell'aldilà, stanno oltre qualsiasi evoluzione spirituale, lo forgiano loro lo spirito, a kilometro zero.
Il suo commento evidenzia una riflessione acuta e amara sulla rigidità con cui spesso viene inteso il concetto di spiritualità. La ricerca interiore sembra appiattirsi, confinata da dogmi che lasciano poco spazio al mistero e alla crescita. Siamo così abituati a catalogare e razionalizzare tutto che persino l'anima rischia di diventare un'etichetta. Ma la vera essenza spirituale non è mai un punto di arrivo, bensì un viaggio continuo di scoperta e apertura. Forse è proprio questo a mancare: il coraggio di accettare che ci sia sempre qualcosa di più grande di noi, qualcosa che non può essere né previsto né limitato.
EliminaManca esattamente questo coraggio: accettare l'inconoscibile.
EliminaHai centrato perfettamente il punto. Accettare l’inconoscibile richiede un coraggio raro, perché significa abbracciare l’incertezza e convivere con la possibilità di non avere risposte. È il coraggio di chi si avventura oltre i confini del conosciuto, accettando che non tutto può essere spiegato o compreso. Questo atto di fiducia verso l’ignoto ci apre a una comprensione più profonda della realtà e di noi stessi, portandoci a scoprire significati che la razionalità da sola non riesce a cogliere. Grazie per questa riflessione che invita a guardare oltre le apparenze!
EliminaStiamo vivendo un momento storico particolare nel quale l'inconoscibile non esiste più. Ogni giorno assistiamo a comportamenti umani che di tale non hanno più niente. Le filosofie sono nate per aiutare gli uomini a vivere meglio. Trovo interessante l'ipotesi di Teilhard de Chardin sul punto omega. Naturalmente il male lo rende inattuabile.
RispondiEliminaConcordo sul fatto che viviamo un’epoca in cui sembra non esserci più spazio per l'inconoscibile, ma non dobbiamo dimenticare che, nonostante i progressi scientifici e tecnologici, ci sono ancora molte aree della vita umana che restano avvolte nel mistero: la coscienza, l’anima e il significato ultimo dell’esistenza. Le filosofie, come dici giustamente, nascono per guidarci e offrirci un contesto, ma è proprio nei momenti di smarrimento e apparente disumanità che dovremmo aggrapparci a quei principi.
EliminaTeilhard de Chardin ha il merito di aver cercato un equilibrio tra fede e scienza, proiettando l’evoluzione umana verso una convergenza spirituale, il punto omega. Purtroppo, come tu osserva, il male – inteso come disgregazione, egoismo e negazione dell’umanità – sembra frapporsi a questa visione, rendendola irraggiungibile. Ma forse è proprio nelle difficoltà che il pensiero e l’agire umano possono trovare una scintilla di trascendenza, un modo per avvicinarsi a quell’ideale, seppur imperfettamente. Ciao e buona domenica!
Credo che siamo entrambe le cose e fare prevalere l'una o l'altra è sempre molto rischioso. Siamo un unico e nell'unico rientra corpo e mente ( o anima o quel che si vuole), ma rientrano anche gli altri con corpo e anima (o mente o quel che si vuole). In definitiva siamo molto di più di noi stessi
RispondiEliminaHai ragione. Siamo un insieme unico, dove corpo e mente si influenzano a vicenda, e lo stesso vale per il nostro rapporto con gli altri. Non possiamo separarci dagli altri, perché siamo tutti collegati. Capire che siamo più di noi stessi ci aiuta a vivere in modo più consapevole e aperto verso chi ci circonda. Il "noi" non può esistere senza gli "altri" perché, come sostiene il filosofo Martin Buber, è nella relazione che troviamo la nostra essenza più autentica. Ciao e buona domenica!
EliminaNon se siamo realmente esseri spirituali, certamente però a volte cerchiamo con intensità la spiritualità. Un filosofo diceva che sensazione della sete è una prova indiretta dell'esistenza dell'acqua, e allo stesso modo sosteneva che la nostra "sete di spiritualità" è una prova che qualcosa al di sopra dell'umano esiste. Non ne sono del tutto convinto, ma ho anch'io i miei momenti di ricerca spirituale, sia pure sempre controbilanciata dalla mia ossessiva razionalità.
RispondiEliminaLa metafora della sete è davvero affascinante e ci invita a riflettere. Anche se non possiamo avere certezze sull’esistenza di qualcosa oltre il piano materiale, il semplice fatto che ci interroghiamo su questi temi dimostra quanto la spiritualità sia parte di noi. È naturale avere dubbi e contrasti interiori tra razionalità e ricerca spirituale, ma forse è proprio in questo equilibrio che risiede la nostra umanità. Non dobbiamo necessariamente arrivare a una risposta definitiva, ma lasciare spazio a entrambe le dimensioni, permettendo loro di coesistere e arricchirci. Ciao e buona domenica!
Eliminasono puro spirito... applicato :)
RispondiEliminain sostanza concordo.
ciao
Mi piace questa definizione di "spirito applicato"! 😊 Un buon modo per ricordarci che non si tratta solo di teoria o pensiero astratto, ma di come traduciamo la nostra essenza in azioni concrete. Alla fine, ciò che conta davvero è il modo in cui viviamo e ci rapportiamo con il mondo, trovando un equilibrio tra ciò che sentiamo e ciò che facciamo. Ciao e buona domenica!
Eliminabuon lunedì
EliminaAnche a te!
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