E quando apparirai sul confine rosso dell'orizzonte beneamata agognata immagine non sciogliere i tuoi contorni nei colori dei tramonti.

venerdì 4 ottobre 2024

Oltre il corpo: la vita come esperienza spirituale


“Noi non siamo esseri umani che vivono una esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono una esperienza umana.”


Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955)


L'affermazione di Pierre Teilhard de Chardin ci invita a ribaltare la prospettiva con cui osserviamo noi stessi e il nostro rapporto con la vita.

Spesso ci identifichiamo con il corpo fisico e con la mente, considerando la spiritualità come qualcosa di esterno a noi, un’esperienza occasionale o un traguardo da raggiungere. Questo approccio riduce la dimensione spirituale a un semplice complemento della nostra esistenza, quasi fosse un’appendice rara e preziosa da esplorare solo in determinati momenti di ricerca interiore. Secondo de Chardin, però, questo è un modo limitato di intendere la nostra vera natura.

L’affermazione dello scrittore e teologo francese ci suggerisce che la nostra essenza è primariamente spirituale: siamo coscienze eterne, scintille di un’esistenza che trascende il corpo e il tempo, impegnate a sperimentare la realtà materiale attraverso l’esperienza umana. Vivere nel mondo, interagire con le persone, affrontare le sfide della quotidianità – tutto ciò non è semplicemente "la vita", ma un’occasione per la nostra anima di imparare, crescere e ricordare la sua origine più profonda.

In quest’ottica, la sofferenza, le gioie, i successi e i fallimenti che affrontiamo non sono solo episodi di una storia personale, ma tappe di un viaggio più ampio che ha come scopo ultimo la comprensione e l’evoluzione spirituale. Siamo qui per sperimentare la densità della materia, i vincoli del tempo, e le limitazioni dell’ego, ma la nostra vera essenza rimane al di là di tutto ciò. Quando ci accorgiamo di essere "esseri spirituali che vivono un’esperienza umana", impariamo a non attaccarci troppo a ciò che ci accade, a non farci definire dai nostri pensieri o dai nostri corpi. Invece, iniziamo a percepire la vita con un senso di meraviglia e distacco, osservando la nostra esistenza con lo stesso stupore di un viaggiatore che attraversa luoghi sconosciuti.

Questa consapevolezza ci aiuta anche a comprendere meglio gli altri: se riconosciamo che siamo tutti anime in viaggio, allora è più facile sviluppare empatia, compassione e un senso di connessione profonda con chi ci circonda. I confini dell’ego e dell’identità si dissolvono e ci ritroviamo a condividere una comune essenza, tutti parte di una stessa realtà spirituale.

In definitiva, la frase di Teilhard de Chardin non ci dice di fuggire dal mondo, ma di guardarlo con occhi nuovi, come un mezzo per crescere spiritualmente, sapendo che al di là dell’apparenza fisica, delle difficoltà e delle imperfezioni umane, siamo molto di più: siamo esseri spirituali che sperimentano questa avventura chiamata vita.

3 commenti:

  1. Una disciplina spirituale che può risolversi in vette filosofiche di grande ed efficace saggezza. Siamo purtroppo in una fase dove fisico e mente - anche in campo religioso - vengono attratte da feticci materiali. Dove sperimentiamo tutto meno che il sogno e la leggerezza di spirito, l'anima è qualcosa di tangibile e constatabile. Tutto il mondo che non conosciamo non ha segreti in realtà, l'oltre esiste e lo abbiamo codificato e catalogato. Il mistero e l'impalpabile incutono solo paura, non possono rimanere limitati ad un concetto astratto. Dio non potrebbe fare nulla senza prima avvertirci, perché tutto è stato già scritto.
    Parlando con persone di provata fede e grande cultura religiosa, alla domanda: "Potrebbe venire tra noi un altro Figlio di Dio?" La risposta è solo una: "E perché? Cristo è già venuto". Ormai sono loro a dettare le regole. L'anima di questi soggetti non ha più nulla da imparare e il loro mondo ha confini ben precisi, sia nell'aldiqua che nell'aldilà, stanno oltre qualsiasi evoluzione spirituale, lo forgiano loro lo spirito, a kilometro zero.

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    1. Il suo commento evidenzia una riflessione acuta e amara sulla rigidità con cui spesso viene inteso il concetto di spiritualità. La ricerca interiore sembra appiattirsi, confinata da dogmi che lasciano poco spazio al mistero e alla crescita. Siamo così abituati a catalogare e razionalizzare tutto che persino l'anima rischia di diventare un'etichetta. Ma la vera essenza spirituale non è mai un punto di arrivo, bensì un viaggio continuo di scoperta e apertura. Forse è proprio questo a mancare: il coraggio di accettare che ci sia sempre qualcosa di più grande di noi, qualcosa che non può essere né previsto né limitato.

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    2. Manca esattamente questo coraggio: accettare l'inconoscibile.

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