E quando apparirai sul confine rosso dell'orizzonte beneamata agognata immagine non sciogliere i tuoi contorni nei colori dei tramonti.

sabato 30 giugno 2012

Intervista all'autore e teologo Giuseppe Marino

Giuseppe Marino è un autore e teologo italiano di pregio. Docente di Scuola Primaria e Direttore Artistico del Concerto di Primavera, rassegna di musica classica che si tiene a Lizzano nel mese di Giugno. Ha pubblicato diverse opere tra cui: "L’eternità e due pugni di sabbia", Tipografia Aquaro, "L’irruzione dell’Eterno nel Tempo. Il tempo dell’attrazione dell’amore", Tipografia Aquaro, "Il roveto ardente e il ramo di mandorlo. La rivelazione del Nome di Dio", Tipografia Aquaro, "L’Ultimo Bardo d’Irlanda", &MyBook e "La fenice e altre poesie", in Autori vari, Bookland 2010, &MyBook.
La sua nuova opera letteraria si intitola "L'arpa di Turlough O'Carolan" (Talmus Art Editore) ed è dedicata al famoso arpista irlandese, leggenda per il suo Paese.

Una scelta coraggiosa, ma anche interessante che ci spiegherà certamente in questa intervista.

Nato a Taranto nel 1974, Marino ha conseguito la maturità classica e ha frequentato un biennio di Filosofia. Si è trasferito a Roma per intraprendere gli studi teologici. Ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense nel 1999 e la specializzazione in Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana nel 2002.

Salve Giuseppe,
grazie per questa intervista. Cominciamo col raccontare di te e dei tuoi studi teologici. Una scelta che nasce da dove e in che modo?


RISPOSTA:
Salve. Mi preme subito ringraziare Tiziana per questa possibilità che mi viene concessa per poter fare quattro chiacchiere sulla mia vita (è sempre piacevole soffermarsi un po’ a rifletterci sopra) e anche per pubblicizzare il mio ultimo libro: L’arpa di Turlough O’Carolan. Diciamo subito, e tengo a precisarlo, che vivo a Lizzano, Città del vino, una splendida cittadina di poco più di diecimila abitanti, che si affaccia su una delle coste più affascinanti del litorale salentino, ricco di profumi che si sprigionano dalla tipica macchia mediterranea. Sono appassionato del mondo dell’arte in ogni sua manifestazione artistica: dalla musica alla danza, dalla pittura alla scultura, danza, mimo, poesia. Ho frequentato il liceo classico. Ho avuto la fortuna di avere insegnanti innamorati del loro lavoro e che mi hanno trasmesso tutta la loro passione. Questi anni di studio mi hanno permesso di conoscere e di avvicinarmi a quella che è la cultura madre, la cultura classica, con tutti i suoi personaggi, le sue storie e i suoi eroi con annessi relativi miti e leggende. Materie preferite? Letteratura italiana, greca e latina, Storia dell’arte e Storia della filosofia. Erano questi gli anni in cui incominciavo a cimentarmi con lo scrivere dei versi. Filo conduttore che attirava la mia attenzione durante gli studi? La tracciabilità di Dio nella storia, in quella universale come in quella particolare. Decisi di proseguire gli studi frequentando corsi di filosofia e il passo verso la teologia era presto fatto. Dopo un triennio presso la Lateranense, finalmente mi iscrissi alla prestigiosa Università Gregoriana per la specializzazione in Teologia Fondamentale (scienza che studia la rivelazione di Dio e la sua credibilità). Un bel percorso di studio che mi ha permesso di cresce umanamente, culturalmente, spiritualmente.

Hai intrapreso presto la carriera di scrittore?

RISPOSTA:
Come dicevo poco fa ho incominciato a scrivere, forse più per gioco o per necessità (chi lo sa?) durante gli anni in cui frequentavo il liceo classico, quasi fossero delle esercitazioni. Più crescevo più mi rendevo conto che c’era in me un innato bisogno di scrivere. Le motivazioni erano tante e lo sono tuttora. La voglia e il bisogno di esprimersi, il desiderio di comunicare agli altri tutto quello che si ha dentro, di scandagliare la propria vita, le proprie emozioni. Scrivere è mettersi a nudo per capirsi, per comprendersi, per accettarsi, per crescere, per migliorare, per comunicare, per viaggiare, in fondo un libro è un viaggio emozionante, è usare la fantasia, è leggere la fantasia. Si affrontano i propri fantasmi, le proprie paure. Si può scandagliare il proprio inconscio più recondito, che poi è un vero e proprio percorso di crescita individuale e personale. Il mio primo libro, nel vero senso della parola (anche se era solo stampato) l’ho visto nel 2004. Il titolo? L’eternità e due pugni di sabbia. Una raccolta di poesie.

Per quale motivo la scelta di raccontare di personaggi mitici, storici e leggendari?


RISPOSTA:
La nostra cultura abbonda di personaggi mitici o leggendari o comunque di personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia ora per un motivo ora per un altro. Sono simboli: dovremmo guardarli più spesso. Hanno sempre qualcosa da dire, anche alle nuove generazioni. Penso a un Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II, e per fare un tuffo nel passato Socrate, Gesù di Nazareth, Buddha. I nomi possono essere tanti. Naturalmente questi sono solo degli esempi. E poi ogni popolo, ogni nazione, ogni terra ha i propri punti di riferimento: a volte è un personaggio storico, ben definito, magari perché ha lottato contro le ingiustizie, contro una tirannia o contro delle ideologie sbagliate. Il popolo li ha eletti come simbolo, come emblema, come vessillo della propria terra.

Hai scritto molte opere dai titoli interessanti. In che modo e per quale ragione hai deciso di raccontare alla gente attraverso questi testi la tua preparazione teologica e la tua professionalità?

RISPOSTA:
Grazie. Mi è sembrata la cosa più naturale. Non sarei in grado di scrivere saggi scientifici o matematici (ero una frana) e per me sarebbe controproducente, oltre che ridicolo. Credo che scrivere ciò di cui si ha conoscenza è come voler condividere qualcosa con chi, magari, ancora non è riuscito a capire alcune tematiche. Oggi tutti parlano di simboli e dei loro significati, ma non è facile parlare di Dio, soprattutto nella società odierna, da qualunque punto di vista lo si guardi.


La tua opera più significativa e importante?

RISPOSTA:
Sicuramente “L’irruzione dell’eterno nel tempo. Il tempo dell’attrazione dell’amore”. Senza ombra di dubbio. Un titolo impegnativo, ma che piace e incuriosisce. La domanda è: come può un Dio entrare nella storia? Come può il Dio dei cristiani farsi uomo e vivere da uomo? Può un Dio essere uomo? Vi riporto, se vi fa piacere, anche solo per dare una idea, l’abstract dal quarto di copertina del libro:
“Non è forse questa la dinamica della rivelazione che mentre rivela, allo stesso tempo si ritrae, e ritraendosi rimanda alle origini? Non è forse questo l’eterno gioco dello svelamento e del velamento della rivelazione? Non è forse questo il palcoscenico su cui si svolge il dramma della ricerca di Dio e della risposta dell’uomo? Non è forse a questo punto che si vive la tensione di un amore puro e l’incapacità di restare fedeli a tale amore? Non è forse qui che l’uomo scopre la sua finitudine di fronte all’infinità di Dio, la sua fragilità di fronte all’onnipotenza di Dio, la frammentarietà della sua esistenza di fronte alla totalità dell’Assoluto? Quali allora le possibilità di un punto d’incontro tra l’umano e il divino, tra il dicibile e l’indicibile, tra il finito e l’infinito? Tra un frammento che sia allo stesso tempo il Tutto e il Tutto che sia allo stesso tempo un Frammento?”
Si tratta di una pubblicazione a carattere filosofico religioso incentrato sul dramma della ricerca di Dio, sulla scoperta della finitudine dell’uomo di fronte all’infinito e l’onnipotenza di Dio. Un libro sulla ricerca, dell’Assoluto, dell’eterno. La ricerca è lo stesso filo conduttore degli altri miei scritti.
Ma credo, lo voglio sperare, che questa ultima pubblicazione mi darà parecchia soddisfazione.


A che genere di autore ti avvicini maggiormente. Quali letture e scrittori prediligi maggiormente e quali esempi ti portano?

RISPOSTA:
Leggo di tutto, perché ho voglia di conoscere, dai saggi teologici-filosofici a quelli di divulgazione scientifica. Dai testi greci a quelli latini. E soprattutto romanzi storici (mi piace Ken Follet e Valerio Massimo Manfredi) I miei scrittori preferiti? Hermann Hesse e Luigi Pirandello. L’dea che ognuno è attore della propria vita e che sul palcoscenico del tempo che ci è dato da vivere ognuno può interpretare diversi ruoli a seconda della situazione e che altri, a loro modo, reinterpretano gli stesi ruoli in modi differenti, credo sia geniale. Non a caso, stiamo parlando di premi Nobel.


Raccontiamo, infine, della tua nuova opera letteraria "L'arpa di Turlough O'Carolan" (Talmus Art Editore) pubblicata nel 2012 e dedicata al famoso arpista irlandese che tanto ha rappresentato per il suo Paese e per la sua gente.

RISPOSTA:
E’ un personaggio storicamente vissuto nell’Irlanda del 1700. Non conoscevo affatto chi fosse costui. Ho sentito il suo nome per la prima volta qualche anno fa, quando, dovendo preparare il Concerto di Primavera, una rassegna di musica classica, si presentarono alcuni giovani musicisti con l’arpa e suonarono alcuni brani di Turlough O’Carolan. Mi diedi subito alla ricerca per capire chi fosse. Rimasi meravigliato. La sua storia mi colpì e decisi di scrivere qualcosa.
Il racconto è ambientato negli anni tra il 1735 e il 1738, in un’Irlanda insanguinata dalla pesante dominazione inglese e quindi dalla guerra di religione tra anglicani e cattolici. Il periodo più travagliato della storia d’Irlanda. Gli inglesi erano riusciti ad ottenere il controllo dell’intera isola, facilitati dalla frammentazione dell’Irlanda in tanti piccoli regni, e ad imporre la loro religione protestante. Espropriarono le terre agli irlandesi  per darle ai coloni inglesi e scozzesi che furono trapiantati sull’isola in numero considerevole. Con le Leggi Penali fu tolto agli isolani cattolici ogni diritto umano, civile e politico. Vi era fame, miseria e povertà ovunque. In questo contesto, si raccontano gli ultimi anni di vita di Turlough O’Carolan, considerato come l’ultimo bardo d’Irlanda.
Il termine “Bardo” è di origine celtica e si riferisce alla figura del musicista itinerante. I bardi erano cantori raminghi, giullari sì ma dotti, poiché narravano gesta e leggende di cose realmente accadute, ingigantendole. Il bardo era dunque un latore di notizie, il cui compito fondamentale era informare, raccontare cosa stesse succedendo in terre lontanissime e irraggiungibili per chi ascoltava.
Il racconto narra gli ultimi anni di vita di O’Carolan,  mitico “bardo”, musicista itinerante, eccellente suonatore irlandese d’arpa celtica. Vissuto realmente che, ammalatosi di vaiolo a diciotto anni, diventò completamente cieco. A 65 anni si sente vecchio, stanco. Stanco della situazione di non vedente, stanco di viaggiare per tutta l’isola, stanco di dare consigli ai politici, religiosi e nobili che l’ospitavano. Stanco di vedere la propria terra martoriata. Sente il bisogno estremo di restare con la propria anima e di realizzare il proprio sogno. Insieme al suo compagno di viaggio, il fidato Phelan, addolorato nel vedere il suo Maestro sprofondato in uno spaventoso ed assurdo silenzio, compie il suo ultimo viaggio percorrendo la propria terra. Naturalmente non credo sia necessario qui dire di quale sogno o progetto si tratti.
Il racconto è un Viaggio nella storia di un popolo lontano storicamente e geograficamente, di unicità paesaggistica, naturalistica e ricchezza culturale. Tra paesaggi suggestivi tipici d’Irlanda con i suoi colori e i suoi profumi, spesso segnati da devastazioni di guerra, razzie e rappresaglie ed evocazioni di antiche storie e leggende. Non pochi sono i rimandi alla tradizione letteraria:
-    Il bardo è cieco come il mitico Omero: ma proprio tale stato di privazione, di menomazione fisica rende possibile il miracolo di vedere nel buio, di cercare la luce e di intravederla attraverso la sensibilità artistica.
-    Il bardo compie, attraverso il suo canto, un’azione fascinatrice, seducente, come il divino Orfeo della mitica regione arcadica.
-    L’amicizia, il profondo e indissolubile legame tra O’Carolan e il suo amico fedele Phelan rimandano al rapporto tra Don Chisciotte e Sancho Panza nel romanzo di Cervantes; ma si possono ritrovare anche Virgilio e Dante della Divina commedia, ossia il rapporto tra il maestro, la guida e l’allievo che deve pervenire alla conoscenza.


Grazie per la tua cortese disponibilità e ricordiamo al pubblico che è possibile reperire le tue opere presso i maggiori store on line e per ogni info, c'è il tuo blog: http://marinogiuseppe.blogspot.com

Tiziana Iaccarino.

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