Lizzano, piccolo comune in provincia di Taranto, si è trasformato ieri, Domenica delle Palme, in un palcoscenico a cielo aperto, accogliendo con emozione e partecipazione la 53ª edizione della Passione di Gesù Cristo, una delle rappresentazioni sacre più sentite e longeve del Sud Italia. L’evento, organizzato con passione e devozione dall’associazione Pietre Vive APS, ha richiamato migliaia di persone, unendo comunità e visitatori in un’esperienza che ha saputo fondere arte, fede, memoria e partecipazione collettiva.
Un cammino tra le pietre della
storia e della fede
Alle 17:00 in punto, il piazzale della Parrocchia San
Pasquale Baylon si è animato di suoni, costumi, voci e sguardi. Come ogni anno,
l’emozione era tangibile: era il momento di dare il via a un rito teatrale e
spirituale che da oltre mezzo secolo anima il cuore della cittadina. Le strade
di Lizzano sono divenute le arterie di una Gerusalemme simbolica, mentre gli
attori – volontari, abitanti del paese, giovani e anziani – hanno guidato il
pubblico lungo le tappe del calvario di Cristo, in un itinerario emotivo che ha
attraversato luoghi, parole e silenzi.
Dall’ingresso trionfale a Gerusalemme, acclamato dalle folle
con rami di palma e voci di "Osanna", alla crudezza dell’Ultima Cena,
fino all’agonia nell’Orto degli Ulivi, la cattura, il processo, la
flagellazione e la salita al Golgota. Ogni scena è stata ricreata con
un'intensità drammatica straordinaria, resa viva da un accurato lavoro di
regia, scenografia e recitazione. I costumi, rinnovati con cura e storicità,
hanno restituito realismo e sacralità a ogni quadro.
Un racconto che parla al cuore
L’edizione di quest’anno ha scelto come filo conduttore il
tema della Speranza, in sintonia con l’annuncio del Giubileo del 2025. E
proprio nel finale, nella rappresentazione della Resurrezione, il messaggio si
è fatto universale: la luce che squarcia le tenebre, la promessa che si
rinnova, la fede che resiste al dolore. Gli spettatori, raccolti in un silenzio
quasi liturgico, hanno accolto questo momento con commozione profonda, molti
con le lacrime agli occhi.
Particolarmente toccante è stata la presenza di numerosi
giovani nelle vesti di soldati romani, discepoli, popolani: un segno evidente
che la tradizione non solo si conserva, ma si tramanda, si rinnova, si radica.
La Passione di Cristo a Lizzano non è solo un evento teatrale: è un’eredità
viva, un respiro comune, un gesto collettivo di memoria, fede e appartenenza.
Ospiti d’onore e riconoscimenti
internazionali
La manifestazione ha ricevuto quest’anno una visita
d’eccezione: Thomas Hummel, presidente di Europassion, la rete
internazionale che riunisce oltre 90 gruppi in 16 Paesi europei impegnati nelle
rappresentazioni della Passione. Accompagnato da Lukas Komherr, ha
espresso profonda ammirazione per la qualità e la profondità dell’evento,
sottolineando l'importanza di preservare e diffondere queste tradizioni in
un’Europa sempre più bisognosa di memoria e coesione culturale.
Durante la cerimonia finale, l’associazione Pietre Vive
ha ricevuto un attestato simbolico di stima e riconoscimento, ulteriore prova
del valore artistico e culturale della manifestazione lizzanese.
Un calendario per ricordare
In occasione della 53ª edizione, è stato inoltre distribuito
gratuitamente il Calendario della Passione 2025/2026, realizzato
dall’associazione con immagini tratte dalla 52ª edizione. Un’opera che ha
saputo unire memoria visiva, arte e spiritualità, e che ha dedicato un commosso
omaggio a Melina Giuffrida, storica collaboratrice dell’associazione,
scomparsa lo scorso anno. Il calendario, ispirato al tema della Speranza,
accompagnerà i cittadini lungo l’anno giubilare, con fotografie emozionanti e
testi meditativi.
Una comunità che si fa scena
Se c’è un tratto distintivo che rende la Passione di Lizzano
così speciale è il coinvolgimento popolare. Non si tratta solo di uno
spettacolo, ma di un rito comunitario: famiglie intere, bambini, adolescenti e
anziani partecipano attivamente, alcuni dietro le quinte, altri sul palco,
altri ancora come accoglienza o nel servizio d’ordine. Una vera e propria
mobilitazione corale che trasforma la fede in linguaggio, la tradizione in
testimonianza.
Un’esperienza personale tra le pieghe del dramma
sacro
Quest’anno, ho avuto l’onore e l’emozione di partecipare
direttamente alla rappresentazione della Passione di Cristo, vestendo i
panni del secondo testimone nel Sinedrio. Un ruolo apparentemente
marginale, eppure carico di forza drammatica e simbolica, inserito in
uno dei momenti più intensi e controversi dell’intero racconto evangelico: il
processo a Gesù.
Interpretare questo personaggio è stato per me un esercizio
non solo attoriale, ma anche interiore. Non si tratta semplicemente di
pronunciare delle battute, ma di entrare nella complessità del dramma umano
e spirituale che quella scena racchiude. Ogni parola, ogni gesto, ogni
silenzio racchiude un significato profondo.
La mia prima battuta, "Io l'ho visto sempre in
compagnia di gente di malaffare. Deve per forza essere un delinquente anche
lui", è stata pronunciata nel cuore del Sinedrio, nel pieno della
falsa accusa. In quel momento, ho dovuto incarnare la voce del pregiudizio, della
condanna preventiva, della paura del diverso. Un ruolo scomodo, ma necessario
per comprendere quanto facilmente l’essere umano, ieri come oggi, possa cadere
nella trappola del giudizio superficiale.
La seconda battuta, "Insolente. Rispondi al Gran Pontefice
in questo modo?", è culminata in un gesto forte: uno schiaffo a
Gesù. Non è stato facile. Quel gesto, seppur teatrale, richiede una
riflessione profonda su cosa significhi usare la violenza per zittire chi ci
mette di fronte alla verità. Ho sentito il peso di quella mano simbolica
che, attraverso i secoli, rappresenta ogni volta che abbiamo respinto la luce,
perché troppo dolorosa da guardare.
Dopo che Pilato si è lavato le mani,
ho pronunciato un’altra frase intensa: "Il suo sangue cada su di noi e sui
nostri figli". Parole pesanti, drammatiche, che racchiudono la
responsabilità collettiva del rifiuto. Una frase che non può lasciare
indifferenti, e che chiama ogni spettatore a interrogarsi sul proprio ruolo
nella perpetuazione dell’ingiustizia, del silenzio, dell’indifferenza.
Infine, sotto la croce, ho recitato: "Lascia.
Vediamo se viene Elia a liberarlo". Questa frase viene pronunciata nel
momento in cui Gesù, dopo aver detto “Ho sete”, riceve da un soldato da bere
con una spugna. Mi avvicino, e allontanando la lancia, pronuncio quelle parole.
È un gesto carico di significato: non è solo una battuta, ma l’espressione
di un’ironia crudele, di uno scetticismo feroce che si insinua proprio nel
momento più tragico. In quell’attimo, si percepisce tutta la drammaticità di
chi, pur essendo spettatore del dolore, sceglie il distacco, la derisione,
quasi a voler spegnere anche l’ultima scintilla di speranza.
Essere parte di questo grande affresco vivente è stato molto
più che una semplice partecipazione teatrale.
È stato un cammino interiore. Un’opportunità di riflessione profonda, personale
e collettiva. Una prova che coinvolge corpo e spirito. Contribuire a dare voce
– anche a quelle voci negative e scomode – è, paradossalmente, un modo per riattivare
la coscienza, per riportare alla luce gli interrogativi più profondi della
nostra fede, della nostra umanità.
In quelle ore di cammino tra le strade di Lizzano, tra
sguardi commossi, silenzi rispettosi e lacrime discrete, ho sentito che il
messaggio della Passione è ancora vivo. Che il teatro, quando si intreccia con
la fede, non è mai finzione, ma memoria che pulsa, verità che ci
chiama, umanità che si interroga.
Conclusione
La 53ª edizione della Passione di Cristo a Lizzano si chiude
così, con il cuore ancora acceso, con la commozione nei volti e il senso di una
promessa che ogni anno si rinnova. La Passione di Lizzano ha scelto il linguaggio universale del
silenzio, dello sguardo, della verità umana che attraversa i secoli. E, come
ogni vero evento artistico e spirituale, ha lasciato in chi c’era un seme:
quello di una memoria viva che continua a parlare, anno dopo anno, generazione
dopo generazione.
La Passione di Cristo, anche volendo mettere da parte la fede e interpretarla come se fosse solo un "testo teatrale", secondo me è una tragedia perfetta: l'intensità emotiva della vicenda, i simbolismi, la caratterizzazione dei vari "personaggi" e lo svolgersi della "trama" sono tutti elementi perfetti. Commuove per la sua potenza drammatica.
RispondiEliminaAnche spogliata della sua dimensione religiosa, la Passione di Cristo resta una delle più grandi tragedie mai scritte. È teatro puro, con una forza drammatica che tocca l’anima, una narrazione essenziale e universale che continua a commuovere per la sua intensità e verità umana. E, da credente, posso dire che non è stato facile interpretare la parte del “cattivo”: entrare in quel ruolo, così lontano da ciò in cui credo, è stato emotivamente impegnativo ma anche profondamente riflessivo. Grazie Ariano!
EliminaCredo che siano davvero importanti queste iniziative ed è un bene promuoverle.
RispondiEliminaLieta Pasqua Giuseppe, auguri a te e famiglia!
Grazie mille. Auguri di una serena e Santa Pasqua a te e ai tuoi cari!
Elimina