E quando apparirai sul confine rosso dell'orizzonte beneamata agognata immagine non sciogliere i tuoi contorni nei colori dei tramonti.

lunedì 14 aprile 2025

Lizzano, Gerusalemme del Sud: la 53ª edizione della Passione di Cristo incanta e commuove

Lizzano, piccolo comune in provincia di Taranto, si è trasformato ieri, Domenica delle Palme, in un palcoscenico a cielo aperto, accogliendo con emozione e partecipazione la 53ª edizione della Passione di Gesù Cristo, una delle rappresentazioni sacre più sentite e longeve del Sud Italia. L’evento, organizzato con passione e devozione dall’associazione Pietre Vive APS, ha richiamato migliaia di persone, unendo comunità e visitatori in un’esperienza che ha saputo fondere arte, fede, memoria e partecipazione collettiva.

Un cammino tra le pietre della storia e della fede

Alle 17:00 in punto, il piazzale della Parrocchia San Pasquale Baylon si è animato di suoni, costumi, voci e sguardi. Come ogni anno, l’emozione era tangibile: era il momento di dare il via a un rito teatrale e spirituale che da oltre mezzo secolo anima il cuore della cittadina. Le strade di Lizzano sono divenute le arterie di una Gerusalemme simbolica, mentre gli attori – volontari, abitanti del paese, giovani e anziani – hanno guidato il pubblico lungo le tappe del calvario di Cristo, in un itinerario emotivo che ha attraversato luoghi, parole e silenzi.

Dall’ingresso trionfale a Gerusalemme, acclamato dalle folle con rami di palma e voci di "Osanna", alla crudezza dell’Ultima Cena, fino all’agonia nell’Orto degli Ulivi, la cattura, il processo, la flagellazione e la salita al Golgota. Ogni scena è stata ricreata con un'intensità drammatica straordinaria, resa viva da un accurato lavoro di regia, scenografia e recitazione. I costumi, rinnovati con cura e storicità, hanno restituito realismo e sacralità a ogni quadro.

Un racconto che parla al cuore

L’edizione di quest’anno ha scelto come filo conduttore il tema della Speranza, in sintonia con l’annuncio del Giubileo del 2025. E proprio nel finale, nella rappresentazione della Resurrezione, il messaggio si è fatto universale: la luce che squarcia le tenebre, la promessa che si rinnova, la fede che resiste al dolore. Gli spettatori, raccolti in un silenzio quasi liturgico, hanno accolto questo momento con commozione profonda, molti con le lacrime agli occhi.

Particolarmente toccante è stata la presenza di numerosi giovani nelle vesti di soldati romani, discepoli, popolani: un segno evidente che la tradizione non solo si conserva, ma si tramanda, si rinnova, si radica. La Passione di Cristo a Lizzano non è solo un evento teatrale: è un’eredità viva, un respiro comune, un gesto collettivo di memoria, fede e appartenenza.

Ospiti d’onore e riconoscimenti internazionali

La manifestazione ha ricevuto quest’anno una visita d’eccezione: Thomas Hummel, presidente di Europassion, la rete internazionale che riunisce oltre 90 gruppi in 16 Paesi europei impegnati nelle rappresentazioni della Passione. Accompagnato da Lukas Komherr, ha espresso profonda ammirazione per la qualità e la profondità dell’evento, sottolineando l'importanza di preservare e diffondere queste tradizioni in un’Europa sempre più bisognosa di memoria e coesione culturale.

Durante la cerimonia finale, l’associazione Pietre Vive ha ricevuto un attestato simbolico di stima e riconoscimento, ulteriore prova del valore artistico e culturale della manifestazione lizzanese.

Un calendario per ricordare

In occasione della 53ª edizione, è stato inoltre distribuito gratuitamente il Calendario della Passione 2025/2026, realizzato dall’associazione con immagini tratte dalla 52ª edizione. Un’opera che ha saputo unire memoria visiva, arte e spiritualità, e che ha dedicato un commosso omaggio a Melina Giuffrida, storica collaboratrice dell’associazione, scomparsa lo scorso anno. Il calendario, ispirato al tema della Speranza, accompagnerà i cittadini lungo l’anno giubilare, con fotografie emozionanti e testi meditativi.

Una comunità che si fa scena

Se c’è un tratto distintivo che rende la Passione di Lizzano così speciale è il coinvolgimento popolare. Non si tratta solo di uno spettacolo, ma di un rito comunitario: famiglie intere, bambini, adolescenti e anziani partecipano attivamente, alcuni dietro le quinte, altri sul palco, altri ancora come accoglienza o nel servizio d’ordine. Una vera e propria mobilitazione corale che trasforma la fede in linguaggio, la tradizione in testimonianza.

Un’esperienza personale tra le pieghe del dramma sacro

Quest’anno, ho avuto l’onore e l’emozione di partecipare direttamente alla rappresentazione della Passione di Cristo, vestendo i panni del secondo testimone nel Sinedrio. Un ruolo apparentemente marginale, eppure carico di forza drammatica e simbolica, inserito in uno dei momenti più intensi e controversi dell’intero racconto evangelico: il processo a Gesù.

Interpretare questo personaggio è stato per me un esercizio non solo attoriale, ma anche interiore. Non si tratta semplicemente di pronunciare delle battute, ma di entrare nella complessità del dramma umano e spirituale che quella scena racchiude. Ogni parola, ogni gesto, ogni silenzio racchiude un significato profondo.

La mia prima battuta, "Io l'ho visto sempre in compagnia di gente di malaffare. Deve per forza essere un delinquente anche lui", è stata pronunciata nel cuore del Sinedrio, nel pieno della falsa accusa. In quel momento, ho dovuto incarnare la voce del pregiudizio, della condanna preventiva, della paura del diverso. Un ruolo scomodo, ma necessario per comprendere quanto facilmente l’essere umano, ieri come oggi, possa cadere nella trappola del giudizio superficiale.

La seconda battuta, "Insolente. Rispondi al Gran Pontefice in questo modo?", è culminata in un gesto forte: uno schiaffo a Gesù. Non è stato facile. Quel gesto, seppur teatrale, richiede una riflessione profonda su cosa significhi usare la violenza per zittire chi ci mette di fronte alla verità. Ho sentito il peso di quella mano simbolica che, attraverso i secoli, rappresenta ogni volta che abbiamo respinto la luce, perché troppo dolorosa da guardare.

Dopo che Pilato si è lavato le mani, ho pronunciato un’altra frase intensa: "Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli". Parole pesanti, drammatiche, che racchiudono la responsabilità collettiva del rifiuto. Una frase che non può lasciare indifferenti, e che chiama ogni spettatore a interrogarsi sul proprio ruolo nella perpetuazione dell’ingiustizia, del silenzio, dell’indifferenza.

Infine, sotto la croce, ho recitato: "Lascia. Vediamo se viene Elia a liberarlo". Questa frase viene pronunciata nel momento in cui Gesù, dopo aver detto “Ho sete”, riceve da un soldato da bere con una spugna. Mi avvicino, e allontanando la lancia, pronuncio quelle parole. È un gesto carico di significato: non è solo una battuta, ma l’espressione di un’ironia crudele, di uno scetticismo feroce che si insinua proprio nel momento più tragico. In quell’attimo, si percepisce tutta la drammaticità di chi, pur essendo spettatore del dolore, sceglie il distacco, la derisione, quasi a voler spegnere anche l’ultima scintilla di speranza.

Essere parte di questo grande affresco vivente è stato molto più che una semplice partecipazione teatrale. È stato un cammino interiore. Un’opportunità di riflessione profonda, personale e collettiva. Una prova che coinvolge corpo e spirito. Contribuire a dare voce – anche a quelle voci negative e scomode – è, paradossalmente, un modo per riattivare la coscienza, per riportare alla luce gli interrogativi più profondi della nostra fede, della nostra umanità.

In quelle ore di cammino tra le strade di Lizzano, tra sguardi commossi, silenzi rispettosi e lacrime discrete, ho sentito che il messaggio della Passione è ancora vivo. Che il teatro, quando si intreccia con la fede, non è mai finzione, ma memoria che pulsa, verità che ci chiama, umanità che si interroga.

Conclusione

La 53ª edizione della Passione di Cristo a Lizzano si chiude così, con il cuore ancora acceso, con la commozione nei volti e il senso di una promessa che ogni anno si rinnova. La Passione di Lizzano ha scelto il linguaggio universale del silenzio, dello sguardo, della verità umana che attraversa i secoli. E, come ogni vero evento artistico e spirituale, ha lasciato in chi c’era un seme: quello di una memoria viva che continua a parlare, anno dopo anno, generazione dopo generazione.




4 commenti:

  1. La Passione di Cristo, anche volendo mettere da parte la fede e interpretarla come se fosse solo un "testo teatrale", secondo me è una tragedia perfetta: l'intensità emotiva della vicenda, i simbolismi, la caratterizzazione dei vari "personaggi" e lo svolgersi della "trama" sono tutti elementi perfetti. Commuove per la sua potenza drammatica.

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    1. Anche spogliata della sua dimensione religiosa, la Passione di Cristo resta una delle più grandi tragedie mai scritte. È teatro puro, con una forza drammatica che tocca l’anima, una narrazione essenziale e universale che continua a commuovere per la sua intensità e verità umana. E, da credente, posso dire che non è stato facile interpretare la parte del “cattivo”: entrare in quel ruolo, così lontano da ciò in cui credo, è stato emotivamente impegnativo ma anche profondamente riflessivo. Grazie Ariano!

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  2. Credo che siano davvero importanti queste iniziative ed è un bene promuoverle.
    Lieta Pasqua Giuseppe, auguri a te e famiglia!

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    1. Grazie mille. Auguri di una serena e Santa Pasqua a te e ai tuoi cari!

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