Giuseppe Marino ha incontrato
l’arte di Turlough O’Carolan e da quell’incontro ne e’ nato un romanzo.
Uno scrittore che incontra un
musicista, il linguaggio narrativo che incontra quello musicale.
L’arte, quindi, che incontra
l’arte non per sommarsi ne’ per risolversi, ma per elevare all’ennesima potenza
il caos. Quel chaos di cui parlavano
i Greci non intendendo il disordine ma lo spalancamento, l’apertura.
Giuseppe
Marino operando un a-topia ci porta
fuori per incontrare una dimensione temporale lontana da quella che noi
abitiamo e quindi diversa, senza tuttavia provocare fratture ne’ lacerazioni
anzi, gettando un ponte tra la nostra epoca e quella di O’Carolan. L’autore
narra la vicenda artistica e quindi esistenziale dell’ultimo bardo d’Irlanda e,
così facendo, riassume nel senso di ri-assumere cioe’ assumere nuovamente, la
cifra dell’esistenza. Il libro contiene un movimento invisibile che ci concede,
quindi, una duplice opportunità: conoscere
l’arpista ed il suo vissuto attraverso la scrittura di Giuseppe Marino ed
attraverso la lettura del romanzo
conoscere l’autore, venire a contatto con
il suo stile semplice ed essenziale. Dove semplice non sta per “banale”
ed essenziale per “orizzontale”.
Semplicità
che non ammette scorciatoie, essenzialità che non concede sconti.
Semplicità che
non semplifica la complessità, ne’ si sottrae ad essa.
Semplicità
che pur evocando quel mondo greco il quale parlava il tragico per dire
dell’inscindibilità tra bellezza e dolore, inneggia alla vita con tutto il suo
dolore e le sue contraddizioni.
Semplicità che
provoca le vertigini poiché si muove in una geometria capace di riconoscere
oltre ad un sotto anche ad un sopra. Il sotto ama la profondità, le radici; il
sopra tende verso le vette, verso le idee. Giuseppe Marino non si tiene certo a
distanza dalle due dimensioni, anzi, si intrattiene con ambedue non per
sbarazzarsene alla prima occasione ma per reinserirle continuamente nella
regione dell’ et/et.
Semplicità, allora,
è essenzialmente il fiume che si lascia attraversare.
Scrivere un libro
è regalare la possibilità di svegliare l’anima
poetica di chi lo legge. Quella anima “produttiva”
dei Greci i quali usavano per tutte le forme di produzione il verbo “poiein”. La lettura, quindi, non
meno della scrittura diventa produzione e il testo pre-testo per l’immaginazione.
Intensa ed urgente,
allora, si fa in Marino scrittore-insegnante, l’esigenza di raggiungere e contaminare
un sempre crescente numero di anime poetiche.
Il bello di avere un'associazione culturale é che si fanno e si fanno fare begli incontri. Siamo molto contenti di aver dato il via a questa spirale artistica di idee positive che magari ispireranno qualcun altro a crearne altre. Tutto questo ci ripaga dei nostri sforzi che a volte ci sembrano urla nel deserto. Grazie Giuseppe e grazie Sabrina, siete stati due belle scoperte del 2012 di Artesottoilsole
RispondiEliminaGrazie a voi e a tutti i soci della vostra Associazione per questa bellissima ed indimenticabile esperienza. Una esperienza che mi ha dato molto, non solo a livello professionale come scrittore, ma anche e soprattutto come persona. Grazie ancora.
Elimina