Scrivere controvento significa procedere nonostante tutto. Significa ascoltare una voce interiore che spesso non trova eco nel mondo esterno. È come lottare con una lingua segreta che parla solo a te, mentre tutti gli altri sembrano parlare un’altra lingua, più chiara, più accessibile, più vendibile.
Il peso dell’incomprensione
“Non si capisce cosa vuoi dire.”
“Scrivi bene, ma… non è per tutti.”
“È troppo complicato.”
“È troppo diverso.”
“Chi vuoi che lo legga?”
Chi scrive in modo originale — che sia per forma, contenuto,
ritmo o visione — prima o poi riceve questo tipo di commenti. E non è facile. È
doloroso. Ti fa dubitare di te stesso, delle parole che hai scelto con cura,
del tempo che hai dedicato, dell’anima che hai lasciato su quelle pagine.
Ma l’incomprensione è parte integrante del cammino creativo.
Pensiamo a Kafka, a Dickinson, a Manganelli, a Gadda. Scrittori che hanno
anticipato il loro tempo, o semplicemente rifiutato di aderire alle regole
dominanti del mercato o della lingua. Spesso, chi scrive in modo autentico non
si adatta. Resiste. E resistere, in un mondo che premia l’omologazione, è un
atto di coraggio.
Trovare la propria voce, anche se stona
Trovare la propria voce è come scoprire una sorgente d’acqua
nel mezzo del deserto. È qualcosa di intimo, sacro, irripetibile. Ma proprio
perché unica, quella voce può sembrare strana, fuori luogo, fastidiosa agli
altri. Può sembrare una nota stonata in un concerto ben accordato.
Eppure… è proprio quella nota a renderci vivi.
Scrivere con la propria voce significa accettare di non
piacere a tutti. Di non rientrare nelle classifiche. Di non seguire le mode. Ma
anche — ed è qui la bellezza — significa essere veri. Radicati. In contatto con
ciò che siamo davvero.
E, alla lunga, questa autenticità diventa la nostra forza.
Controvento, ma non invano
Scrivere controvento non significa scrivere per forza in
modo ermetico o incomprensibile. Significa scrivere con sincerità, anche quando
il mondo chiede altro. Significa non forzare la mano per piacere, ma cercare di
arrivare, comunque, con la verità del proprio dire.
Forse non troverai subito lettori. Forse nessuno capirà il
tuo stile, il tuo ritmo, la tua visione. Ma se tu ti capisci, se senti che ciò
che scrivi ti rappresenta, allora non è invano.
Ci sono lettori silenziosi là fuori che aspettano proprio
te. Che stanno cercando parole diverse. Che si sentono strani, come te. Che non
si ritrovano nei racconti "perfetti" e vogliono storie che respirino
come respira la vita: in modo imperfetto, profondo, contraddittorio.
Resistere come atto poetico
Resistere è un atto poetico. Non arrendersi alla richiesta
di “semplificare per essere capiti” può essere una scelta estetica, ma anche
etica. Perché il mondo ha bisogno di più voci autentiche e meno copie. Più
visioni singolari e meno format. Più profondità e meno superficie.
Se ti senti solo mentre scrivi, se ti pare di essere l’unico
a parlare in un’altra lingua, non smettere. Continua. Sei sulla strada giusta.
Non perché è facile. Ma perché è tua.
Un invito a restare fedeli
Questo post è per te che scrivi fuori dalle righe, che senti
le parole come battiti del cuore, che hai qualcosa da dire anche se sembra che
nessuno voglia ascoltare.
Ti invito a restare fedele alla tua voce. A coltivarla come si coltiva un
giardino raro.
A proteggerla dalla tentazione di normalizzarsi solo per
essere accettati.
Scrivere controvento è difficile, sì. Ma è anche l’unico
modo per volare davvero alto, oltre le nuvole della convenzione.
E un giorno, magari non subito, qualcuno ti leggerà e dirà: “Era
questo che stavo cercando. Non lo sapevo, ma era questo.”
E allora la tua solitudine sarà diventata un ponte.
E questo vale anche per me! Soprattutto per me!!!
È certamente uno dei motivi di frustrazione maggiore per chi scrive, anche perché avere la sensazione di "parlare con se stesso" anziché riuscire a comunicare qualcosa agli altri è l'esatto contrario dello scopo della scrittura letteraria.
RispondiEliminaLa scrittura nasce dal desiderio profondo di comunicare, di creare un ponte tra sé e l’altro. Quando quel ponte sembra crollare o non essere mai stato costruito, la frustrazione può diventare un peso enorme. Grazie!
EliminaMi piacerebbe molto e sarebbe molto gratificante, o dovrei dire narcisistico, pensare che questo post lo hai scritto per me. Solo per me perchè sono l'unico che scrive controvento. Ma so perfettamente che non è così che molti blogger hanno talvolta l'occasione di sfruttare questa inebriante sensazione di libertà. C'è un prezzo da pagare, in rete più che altrove e non siamo tutti disposti a rinunciare al comodo cantuccio dei nostri interlocutori, alla carezza di nuovi followers. Nessuno poi accetterebbe di entrare nel tunnel delle controversie ideologiche e politiche coscientemente...ma il concetto che hai espresso - la tua solitudine sarà diventata un ponte- è di una luminosità accecante. Quando la luce si spegne continui a navigare portandoti dentro il senso di quella luce.
RispondiEliminaSì, c’è un prezzo, e non sempre è lieve. Ma quel senso di libertà — anche se effimero, anche se solitario — è ciò che ci ricorda perché abbiamo iniziato a scrivere. E se anche solo un lettore riesce a portarsi dentro "il senso di quella luce", allora tutto quel navigare ha avuto un senso. Grazie!
Elimina"Il peso dell’incomprensione"
RispondiElimina“Non si capisce cosa vuoi dire.”
Ammetto che questo senso di peso l'ho avvertito,fin quando non ho compreso che era un lavoro da fare su me stessa, perché stranamente io riuscivo a comprendere bene chi non comprendeva me.
Ho avuto il piacere di incrociare scrittori controvento su questa piattaforma,minimo tra questi,li riconosci dal senso di autenticità che non si svende al mercato delle mode e dell'omologazione e nemmeno al potere del dio denaro.
Grazie per questo sentito post .
Anche io credo che ci sia una sorta di riconoscimento silenzioso tra chi scrive controvento: ci si intuisce, ci si sente affini nella resistenza. E quel senso di autenticità che descrivi è forse la forma più alta di libertà. Grazie!
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